+41 91 224 82 95 info@filandelevade.bio

Tecnologia Serica

Introduzione

L’inizio della domesticazione del baco da seta non ha una data certa perché mancano fonti documentali precise sia in Cina sia negli altri paesi di grande tradizione serica come l’India. Le memorie più antiche tramandate nei secoli sono confluite poi nel racconto mitologico dell’Imperatrice Xi Ling Shi, moglie dell’Imperatore Giallo, che ne trascende di molto il reale svolgimento storico. Le date attendibili provengono dall’archeologia, che ha studiato un numero limitato di reperti cinesi risalente a più di 3000 anni a.C., costituiti da frammenti di cinture quasi ad indicare un periodo iniziale della seta destinato inizialmente alla produzione di corde e fili; uno storico cinese parla anche dell’utilizzo della seta nella produzione delle 36 corde del liuto. Ma osservando quanto avviene ancora oggi in alcune aree remote dell’India e dell’Africa, dove si ricava seta da specie selvatiche o non del tutto domesticate, possiamo ipotizzare che vi sia stata una prima fase di semplice raccolta dei bozzoli selvatici, seguita poi dal controllo delle piante colonizzate per allontanare i predatori ed infine l’allevamento condotto per intero all’interno di case o strutture protette. Possiamo immaginare che la sericoltura moderna nasca esattamente quando avviene questo trasferimento; quando i bruchi non vivono più sugli alberi di gelso, ma su graticci di canne sistemati all’interno delle case. Il punto di approdo del lungo viaggio della domesticazione sono le tecniche di produzione attuali che si sono via via differenziate e complesse in funzione della radicazione ambientale.

Struttura molecolare della fibroina

Fig. 1 Il ciclo biologico del Bombyx mori

Microstruttura-del-filo-di-seta-web

Allevamento antico, disegno su seta

Appare comunque evidente però, che l’insieme dei processi di produzione della seta prevedano una divisione in attività settoriali, universalmente adottata. Più precisamente ci riferiamo alla produzione delle uova, alla coltivazione del gelso, all’allevamento del Bombyx Mori, alla essiccazione e conservazione del bozzolo e alla sua trasformazione in filo mediante trattura. In questo capitolo ci occupiamo soltanto della fase di allevamento mentre la coltivazione del gelso e la produzione delle uova sono state affrontate in un capitolo separato. Ribadiamo ancora che le tecniche di allevamento del baco da seta, così come altre procedure del ciclo della seta, possono subire molte modifiche e variazioni in funzione del contesto ambientale, basti considerare le grandi differenze tra regioni temperate e regioni sub-tropicali a clima caldo. Nelle prime si conducono pochi allevamenti annuali, non più di quattro in condizioni ottimali, mentre in ambienti caldi si può allevare il baco da seta quasi in continuità praticandone otto per anno. Nei due contesti sono diverse le razze e gli ibridi utilizzati, ma diversi sono anche i locali di allevamento, la coltivazione del gelso e la conservazione delle uova. Nel corso della trattazione cercheremo di fornire i dettagli necessari per comprendere le ragioni di tali differenze. 

Struttura molecolare della fibroina

Fig.2 Il ciclo di allevamento del Bombyx mori

Microstruttura-del-filo-di-seta-web

Dandolo attrezzi per l’allevamento del baco da seta

L’Uovo

Le uova del baco da seta sono piccole, misurano circa 1 mm e pesano 0,5-1 mg. Hanno morfologia tendenzialmente ellissoidale, leggermente appiattite e asimmetriche, mostrando un lato più curvo detto dorso opposto al lato ventrale.  La parte apicale dell’uovo, o polo anteriore, mostra un canalicolo, detto micropilo, attraverso il quale avviene la fecondazione e che, durante lo sviluppo embrionale, conserva l’importante funzione respiratoria. La struttura dell’uovo è composta da uno strato esterno detto corion che si accompagna alla membrana vitellina, più interna, seguita dal periplasma e dai componenti interni dell’uovo.

Fig. 3 L’uovo

Uovo di Bombyx al microscopio

L’uovo viene fecondato durante il processo di deposizione, così come avviene nella grande parte dei lepidotteri, e subito dopo va incontro ad una serie di profonde trasformazioni fisiologiche che lo preparano alle fasi successive. Lo sviluppo embrionale dell’uovo fecondato subisce delle variazioni che sono geneticamente determinate, ma che hanno un significato evolutivo di adattamento ambientale e che vale la pena conoscere in modo approfondito. Possiamo dire che si riconoscono due tipologie di uova: quelle dormienti e quelle non dormienti.

 

Uova di Bombyx

Uova dormienti o ibernanti

Questi tipi di uova avviano lo sviluppo embrionale subito dopo la fecondazione e deposizione, ma dopo un certo periodo di tempo la crescita si arresta ed entra in uno stadio di latenza, definito diapausa, che gli permette di affrontare tutto il periodo di freddo invernale in una fase di stasi vegetativa. Lo sviluppo embrionale riprenderà in primavera, con l’innalzarsi della temperatura e la comparsa delle foglie sugli alberi di gelso. In questa condizione è possibile avere una sola generazione annuale poiché le uova schiudono a primavera e danno vita ad una generazione che depone uova dormienti che schiuderanno soltanto l’anno successivo. Queste razze sono dette Monovoltine. Vi sono altresì razze che depongono nel corso della prima generazione uova non dormienti, che schiudono dopo 10 giorni dando vita ad un secondo ciclo riproduttivo al termine del quale le uova entreranno in diapausa. Essendo razze che consentono due cicli vitali sono dette bivoltine e così si possono avere linee trivoltine e tetravoltine. 

 

Uova non dormienti o non ibernanti

Questa tipologia di uova prodotte da specie diverse è tale da aversi uno sviluppo embrionale che prosegue dopo la fecondazione senza soste ed interruzioni, quindi senza diapausa. Trascorsi 10-15 giorni, in funzione della temperatura, l’uovo schiude generando una larva che riprende il ciclo di sviluppo. Queste razze depongono uova che schiudono sempre e consentono un ciclo continuo di generazioni e sono dette Polivoltine tipiche delle aree calde. Tra quelle maggiormente note e studiate vi è la Nistari, originaria del nord Bengala. È una razza multivoltina con bozzoli piccoli e di colore giallo adatta alle regioni tropicali con uova sempre prive di diapausa.  Il comportamento delle uova ha carattere genetico ed ereditario, ma è evidente, come già detto, che le razze con uova dormienti sono tipiche delle regioni a clima temperato ed inverno freddo, dove è possibile portare a termine una o poche generazioni, mentre quelle multivoltine sono tipiche delle aree subtropicali. Va sottolineato che il bombyx mori “sverna “nello stadio di uovo, ma vi sono lepidotteri produttori di seta che svernano nella forma di crisalide, ad esempio la Cinthya ricini. Nelle uova ibernanti lo sviluppo embrionale ha inizio con la fecondazione e dopo appena 36 ore, alla temperatura di 24°C, si arresta allo stadio di stria germinativa ed entra in diapausa. In tali condizioni permane per 9-10 mesi durante i quali le attività vitali sono limitate al solo scambio di ossigeno con l’esterno. Nel processo di produzione massivo delle uova di Bombyx mori questo lungo periodo è tecnicamente suddiviso in una prima fase, detta Estivazione, che va dalla deposizione fino ai primi giorni del mese di novembre. Durante i mesi estivi   le uova sono mantenute alla temperatura di 23-24°C, a partire da luglio, e poi in lenta decrescita fino ai 10°C della fine di ottobre. Nella seconda fase, detta di Ibernazione, le uova sono trasferite in celle o ambienti con temperatura di 2-3°C e 70% di U.R., e tenute per 90-120 giorni. Le basse temperature hanno la funzione di ridurre o frenare le piccole differenze di sviluppo embrionale generate durante l’estivazione ed in grado di favorire schiuse delle uova non omogenee con grandissimo danno per la corretta gestione degli allevamenti.   Sia nella fase di estivazione sia di in quella ibernazione è importante mantenere temperatura e umidità rigorosamente controllata garantendo la perfetta aerazione degli ambienti. La combinazione delle fasi di estivazione e ibernazione può subire una serie di variazioni, cioè esistono diverse combinazioni tra le due che garantiscono un completo sviluppo embrionale e la conseguente possibilità di programmare le schiuse in modo cadenzato. Queste procedure sono molto utili nelle regioni sub-tropicali dove è necessario disporre di uova pronte per la incubazione in modo continuo durante gran parte dell’anno. Anche adottando delle combinazioni ottimizzate però non sempre si ottiene la fine della diapausa e si rende allora necessario sottoporre le uova ad un trattamento artificiale di interruzione della diapausa. Questo trattamento è definito genericamente “trattamento acido delle uova”.

Sviluppo Embrionale

Il processo di incubazione delle uova corrisponde alla fase di sviluppo embrionale che è leggermente differenziato tra uova ibernanti e quelle prive di diapausa. Due ore dopo la fecondazione e la fusione dei nuclei inizia la divisione dell’oocita che si evidenzia in una serie di elementi, detti blastomeri, sparsi nel contenuto vitellino. Dopo circa dieci ore, mantenendo le uova alla temperatura di 24°C, si evidenzia un addensamento dei blastomeri appena sotto la membrana vitellina e si forma il Blastoderma. Dopo 15 ore il Blastoderma appare ispessito e disposto lungo la parete ventrale dell’uovo. Dopo 20 ore il processo di addensamento del blastoderma prosegue con una contrazione della massa cellulare che si trasformerà nello scudetto germinativo. Lo sviluppo prosegue con le estremità dello scudetto germinativo che si ripiegano all’interno del tuorlo. Nello spazio lasciato dal blastoderma ha origine una nuova membrana fetale detta sierosa con le cellule che si arricchiscono di pigmento scuro. E’ questa la ragione della colorazione grigia assunta dall’uovo il terzo giorno dalla deposizione. Dopo circa 35 ore la stria germinativa si contrae ancora ed assume la tipica forma a C nella quale si identifica uno strato continuo di cellule rivolto verso l’esterno denominato ectoderma ed uno strato intermedio detto mesoderma nel quale si evidenziano gli abbozzi metamerici della larva. Dopo circa tre giorni nelle uova ibernanti l’embrione entra nella fase di diapausa, cioè riduce le attività e non si avranno più modifiche apprezzabili per tutto il periodo di ibernazione. Nelle uova non ibernanti il processo di sviluppo della stria germinativa prosegue assottigliandosi e differenziando via via tutti gli organi esterni ed interni

La procedura di interruzione della diapausa può essere applicata a uova che hanno avviato la diapausa e si trovano nella fase di ibernazione a 5°C, ma può essere adottata anche su uova appena deposte ed impedire che la diapausa si avvii trasformando le uova da ibernanti a non ibernanti.

Fig. 4. Fasi dello sviluppo embrionale da Japan Silk Association

Fasi dello sviluppo embrionale al microscopio

Incubazione delle uova

Al termine del periodo di ibernazione possiamo considerare la diapausa completata e le uova pronte per essere incubate. L’incubazione consiste nella ripresa dello sviluppo embrionale che si conclude con la schiusa delle piccole larve. Il processo richiede grande cura ed attenzione poiché da essa dipende il buon esito dell’allevamento. Il processo viene condotto in strutture specializzate dove si provvede anche all’allevamento delle larve fino al termine della seconda muta, stadio nel quale vengono distribuite agli allevatori. Queste strutture a carattere cooperativo sono in grado di trattare grandi quantità di uova nelle condizioni ottimali, ma in aree più isolate è possibile condurre l’incubazione in modo autonomo utilizzando piccole camere di incubazione appositamente progettate. 

Il diagramma in Fig. 4 riporta lo schema di incubazione maggiormente diffuso, quello più adatto agli ibridi, ma vi sono procedure differenti che prevedono, dopo i primi tre giorni, un aumento graduale della temperatura, ad esempio un grado al giorno fino al raggiungimento dei 26°C. 

Le uova di norma sono prodotte da istituti genetici pubblici, o da stabilimenti privati, che eseguono una serie di selezioni ed incroci di differenti linee al fine di ottenere ibridi resistenti e altamente produttivi (vedi il capitolo Incroci e produzione delle uova). Le uova sono commercializzate in piccole scatole di legno e garza denominate Box, indicate in Italia con il termine di “telaino”.  Ogni box contiene 20.000 uova.  Normalmente le uova sono prodotte al termine della stagione bacologica, tra giugno e luglio, e poi utilizzate nella primavera successiva. Durante il periodo invernale le uova si trovano in una fase di stasi embrionale, detta dormienza, cioè sono ibernanti, e conservate ad una temperatura compresa tra 1 e 5°C. 

Trattamento di schiusa artificiale

La schiusa anticipata delle uova si rende necessaria per una serie ampia di motivazioni: ad esempio in clima sub-tropicale è necessario disporre di uova pronte per l’incubazione durante tutto il periodo dell’anno. In clima temperato spesso si è in grado di condurre degli allevamenti tardivi, estivo-autunnali, e quindi è necessario disporre anche qui di uova pronte alla schiusa, sebbene prodotte da poco tempo. Non consideriamo le razze multivoltine perché di scarso interesse nella produzione di seta greggia di elevata qualità, ma soltanto razze bivoltine o ibridi tra queste e razze monovoltine.  Il processo più diffuso per interrompere la diapausa è costituito dal trattamento delle uova con acido cloridrico in grado di distruggere gli ormoni coinvolti nella diapausa senza danneggiare l’embrione. Anche il trattamento acido può essere condotto con diverse combinazioni di temperatura, concentrazione di acido e tempo di trattamento. Il metodo più diffuso si esegue con le uova deposte da 20-24 ore e conservate a 24°C, quando si trovano nella fase di pre-diapausa. Se eseguito in anticipo si danneggia l’embrione, mentre se eseguito dopo tale tempo risulta non efficace. È evidente, inoltre, che le uova devono provenire da allevamenti controllati da personale specializzato. La concentrazione dell’acido dovrà essere pari al 15%, la temperatura pari a 46°C ed il tempo di trattamento non superiore ai 6-7 minuti.  La procedura non è del tutto semplice poiché l’immersione delle uova può diluire la concentrazione dell’acido e abbassare la temperatura, quindi, deve essere eseguita con due soluzioni identiche, la prima utilizzata per imbibire e adattare le uova immergendole per un minuto, e la seconda per il trattamento vero e proprio. Successivamente si lavano con acqua a 20°C eliminando completamente i residui di acido. Le uova trattate devono essere conservate a 25°C per almeno 20 ore prima di essere sottoposte ad incubazione. Il trattamento di interruzione della diapausa può essere effettuato anche su uova dormienti in fase di ibernazione, ma il tempo di conservazione a bassa temperatura non deve essere inferiore a 40 giorni. Vi sono molte variazioni alle procedure descritte, adottate per specifiche esigenze o razze ed ibridi particolari, ma è molto importante che siano condotte da mani esperte. Tutto ciò dà evidenza della complessità alla quale si è accennato nella descrizione introduttiva.

Telaino con 20.000 uova

Il Seme Bachi

Quando i ricercatori riuscirono a superare l’ostacolo pebrina, in Italia si sviluppò una importante industria bacologica per la produzione di seme bachi. Una parte dei bozzoli prodotti dagli allevatori venivano lasciati sfarfallare e utilizzati da questa industria per ottenere del buon seme utilizzabile dagli allevatori nella stagione successiva.

Fino alla metà del secolo scorso esistevano in Italia circa 80 stabilimenti di seme bachi che producevano fino a 800’000 once di seme per il mercato interno e circa 150’000 once per l’esportazione che avveniva prevalentemente in Giappone. Pochi ricordano quale alta perfezione avesse raggiunto l’industria semaia italiana.                  

Seme Bachi Pio Sacconi

Seme Bachi Trinca

Gli stabilimenti bacologici predisponevano, con la collaborazione di allevatori specializzati, gli allevamenti di razze pure coordinando l’incubazione in modo che le razze destinate ad essere incrociate sfarfallassero negli stessi giorni. Con la ginecrinatura si separavano i bozzoli con crisalide femmina dai maschi e si procedeva a confezionare seme incrociato. L’incrocio più utilizzato era quello a femmina asiatica e maschio europeo, questi incroci di razze pure diverse venivano poi ulteriormente incrociati per ottenere gli ibridi.

Ginecrino

Il seme bachi così prodotto veniva sottoposto alla selezione microscopica per separare le uova affette da pebrina (che si trasmette anche geneticamente) da quelle sane. Opportunamente ibernato in celle frigorifere alla temperatura di 2°- 5° centigradi, il seme veniva distribuito ai clienti agricoltori poco prima dell’inizio stagionale degli allevamenti.

Uova seme

Seme selezionato

Tutto ciò viene ancora fatto al giorno d’oggi in Cina salvo che la produzione di seme bachi viene eseguita solo ed esclusivamente da laboratori statali specializzati strettamente legati alle Università di ricerca che, con l’utilizzo di moderne attrezzature all’interno di  locali termoregolati con sistemi di filtraggio dell’aria, garantiscono la qualità del seme e studiano gli incroci in modo tale che essi siano quelli che meglio si adattano alle condizioni climatiche di un determinato luogo di allevamento in stretta connessione alla tipologia di gelso che in quella zona viene coltivato.

Seme bachi oggi in Cina

Nel corso degli ultimi 200 anni, migliaia di incroci (forse 3’000) con razze diverse sono stati prodotti ed allevati, tanto che risulta praticamente impossibile riportarli tutti, un qualsiasi elenco risulterebbe deficitario, rimangono al mondo poche banche genetiche che tentano di conservare più a lungo possibile molte razze pure e numerosi incroci con caratteristiche diverse.

Le banche di germoplasma più importanti si trovano nei paesi storicamente produttori: la Cina, il Giappone e il Brasile con il patrimonio genetico Kanebo, la Corea, l’India e la Thailandia, mentre in Europa è rimasta l’ex Stazione Bacologica Sperimentale di Padova oggi CRA-API  e forse qualcosa è ancora conservato in Bulgaria.

Per le produzioni industriali attuali vengono utilizzati degli ibridi provenienti da due doppi incroci di razze pure (ibrido a quattro vie), di solito due giapponesi e due cinesi già precedentemente selezionate.

Allevamento

Le tecniche di allevamento

Nella fig. 6 è riportato uno schema del ciclo biologico del baco da seta pubblicato nel 1967 dalla Japan Silk Association. Sebbene sia un semplice schema contiene una grande quantità di informazioni che ci introducono alla complessità di ciò che sembra una semplice attività zootecnica. Siamo alle prese con un organismo vivente dalle complesse strutture e dalla lunghissima storia evolutiva, non più esistente in natura poiché frutto di una selezione operata per mano dell’uomo da qualche millennio, e non vi è neanche certezza del suo progenitore selvatico, sebbene l’ipotesi maggiormente accreditata indica la Teophila mandarina come suo avo ancestrale. Ma tutto fa parte del incomparabile fascino che corre lungo la via della seta.Lo schema indica un ciclo chiuso; dall’uovo alla larva, poi pupa, farfalla e il ritorno all’uovo. Quando questo ciclo si ripete una sola volta durante l’anno si tratta di razze monovoltine, quando si ripete due volte sono razze bivoltine e per quelle che ripetono il ciclo tre o più volte si parla di polivoltine.

Tutte, però, mostrano un periodo di incubazione compreso tra 11 e 14 giorni e uno sviluppo larvale con quattro mute ad esclusione di poche varianti che ne hanno tre o cinque. Durante la muta le larve rimangono immobili, smettono di alimentarsi e si ancorano con dei fili di seta al substrato. Gli allevatori chiamano la muta sonno¹ . Il periodo che intercorre tra due mute è detto età e corrisponde al periodo di alimentazione ed accrescimento. Dopo la schiusa le uova entrano nella prima età e quindi il ciclo completo è composto da quattro mute e cinque età. Nell’insieme questo ciclo ha una estensione di 25 giorni con piccole variazioni tra le diverse razze. La prima età dura 3 o 4 giorni, la seconda 2 o 3, la terza 3 o 4, la quarta 5 o 6, la quinta 7 o 8.  Ogni singola età termina con una muta, o sonno, e a sua volta termina con il cambio della cuticola e il risveglio della larva che ricomincia ad alimentarsi e crescere.

Larve al bosco in Cina

Al termine della quinta età si dice che la larva giunge a maturità e si prepara alla salita al bosco. In questa fase si mettono sopra il letto di allevamento rami o strutture sulle quali le larve si arrampicano e iniziano a costruire il bozzolo, oppure sono trasferite su cornici di cartone² suddivise in piccoli riquadri dove verranno ancorati i bozzoli. Le larve mature diventano traslucide e di colore giallognolo e dopo aver rilasciato una certa quantità di liquidi si apprestano a filare il bozzolo, che di norma è completato in tre giorni.  All’interno del bozzolo la larva inizia la trasformazione in pupa e poi in farfalla e il tutto prende 10-12 giorni.  In questa fase i bozzoli devono essere lasciati in assoluto riposo poiché piccoli movimenti possono interferire con la fase di istolisi dei tessuti e il danneggiamento del processo. 

*¹ Il sonno del baco da seta divenne negli anni proverbiale al punto che il detto di uso comune “dormire della grossa” o “dormire della quarta” che caratterizza il sonno beato di una persona, trae origine dalla fase dormiente della quarta età del baco da seta.

*² “Square Box” nell’accezione anglosassone divenuta di uso universale.

Fig. 6 Schema Biologico del Baco da seta

Gli strumenti di allevamento

La foto n°8 è stata scattata agli inizi degli anni 90 presso un allevamento di Fergana, in Uzbekistan. Come consuetudine gli allevatori delle aree più remote di questa regione seguivano una tecnica di allevamento, che a memoria di un grande esperto locale, era antica quanto la stessa sericoltura. Nei documenti storici questa regione è identificata con il Kotan, il luogo dove per la prima volta una principessa cinese, data in sposa a un nobile del luogo, portò in dote il baco da seta per produrre i suoi abiti e fu la prima volta che il Bombyx Mori varcò i confini della patria di origine. La foto mostra una camera da letto liberata dal mobilio per essere trasformata in locale di allevamento, del suo utilizzo consueto non rimane che l’orologio ancora appeso alla parete, ma le pareti sono i sostegni dove i rami di gelso sono stati affastellati e le larve vi pascolano arrampicandosi dal basso verso le foglie più tenere. Se mettessimo su questi rami le larve di un moderno ibrido di baco da seta difficilmente riuscirebbero a nutrirsi adeguatamente, perché lente e poco adatte ad arrampicarsi. L’immagine ci richiama un alpeggio di montagna inaccessibile a i bovini pezzati della pianura incapaci di muovere lungo i pascoli alpini in pendenza. Così i bruchi di Fergana erano razze ancestrali ancora in grado di affrontare la loro piccola transumanza lungo un ramo di gelso appoggiato sulla parete. Possiamo considerare questa tecnica di allevamento come una delle più arcaiche, forse quelle che ha visto il trasferimento del baco da seta dagli alberi all’interno delle case. L’evoluzione immediata dei rami a parete sono i graticci, cioè dei piani variamente realizzati sui quali si dispongono le foglie e le larve in accrescimento.

Ogni paese ha sviluppato i propri graticci utilizzando il materiale a disposizione, così abbiamo gli ampi vassoi di bambù diffusi in tutto l’oriente o le arelle  delle nostre regioni, ma il concetto non cambia nella sua sostanza. I graticci disposti su tavoli o scaffali hanno accompagnato la sericoltura per secoli, fino a quando questa attività si praticava capillarmente in quasi tutte le famiglie di agricoltori e il sistema era ottimale per piccole produzioni. Ma già a metà dell’800 si iniziò ad adottare nuovi sistemi che consentivano dimensioni maggiori degli allevamenti e tra i tanti quello giunto ai nostri giorni è noto, almeno in Italia, con il nome di “pezzone friulano”. Con questa tecnica si isola il pavimento di un locale, anche molto ampio come stalle e fienili, con uno stato di paglia e vi si allevano le larve a partire dalla terza età nutrendole con foglie, ma anche con il ramo intero. Questo sistema è ancora valido è stato adottato ovunque e ad oggi rappresenta il metodo di maggiore convenienza.

Uzbekistan allevamento in casa

Allevamento delle prime età

L’allevamento del baco da seta presenta molte criticità nelle fasi iniziali. A partire dalle larve appena schiuse, e fino al termine della seconda età, i piccoli bruchi sono molto sensibili alle variazioni delle condizioni ambientali: alla scarsa umidità, alle basse temperature e alla qualità della foglia, per citare quelle più importanti. Tutti i fattori avversi espongono le larve ad infezioni e disomogeneità di accrescimento che a loro volta determinano mute non sincronizzate con la perdita dell’intero allevamento. Sono queste le ragioni che hanno spinto tutti gli operatori del settore a organizzare i centri cooperativi di allevamento delle prime età. L’allevatore riceverà da queste strutture le larve al secondo giorno della terza età e potrà proseguire con molte meno difficoltà. Le strutture di allevamento cooperativo delle prime età sono facilitate dallo scarso spazio richiesto e dalla piccola quantità di foglia richiesta fino ai primi giorni della terza età. Tutte le criticità che si verificano nelle prime due età, ed in parte anche durante la terza, confluiscono in due problemi: la mortalità delle larve e il disallineamento temporale delle mute. La prima produce un danno diretto e percepibile, mentre la seconda rende impraticabile l’allevamento. Durante la muta le larve si ancorano alle foglie secche, o a quel che resta delle stesse, e rimangono immobili. Al termine delle evoluzioni ormonali e fisiologiche la cuticola esterna si spacca e la larva si sfila dal vecchio tegumento esattamente come se uscisse da un sacco. Questo processo può avvenire perché la vecchia cuticola rimane saldamente ancorata al substrato legata da fili di seta che la larva ha prodotto prima di entrare nella fase di muta. È del tutto evidente che in questo preciso contesto non si deve somministrare foglia e non bisogna provocare nessuna sollecitazione fisica poiché potrebbe spostare le larve o capovolgerle impedendo poi la possibilità di sfilarsi dalla vecchia cuticola. La condizione ideale è costituita da una popolazione di larve che entrano simultaneamente in muta, a parte pochi fisiologici ritardatari. Ma se la popolazione è frammentata in gruppi ancora in fase di crescita che hanno bisogno di alimentarsi, ed altri che entrano in muta, si verifica una condizione comparabile a più allevamenti, sfasati nel loro sviluppo temporale, ma presenti nello stesso piano di allevamento. Le larve in fase giovanile hanno bisogno di alimentarsi in modo continuo con foglia fresca, poche ore trascorse senza alimento o con foglia parzialmente disidratata genera ulteriore disomogeneità e morie. Si comprende quindi quanto sia importante una gestione perfetta e sincrona delle fasi giovanili.

Allevamento prime età locali condizionati

Vassoi per le prime età

Ma le stesse criticità si verificano con temperature basse o non omogenee poiché lo sviluppo fisiologico oltre a dipendere dalla quantità e qualità dell’alimento ingerito è direttamente influenzato dalla temperatura. Per ultimo consideriamo l’umidità ambientale; la fase durante la quale avviene il cambio di esoscheletro richiede una costante ed elevata umidità dell’aria. Questo parametro impedisce anche l’appassimento della foglia. Tutte le problematiche esposte possono essere risolte se l’allevamento è condotto in ambienti condizionati e per questa ragione sono nate le strutture cooperative in grado di allevare grandi quantità di larve in condizioni controllate. Oggi è possibile disporre di piccole celle climatiche a basso costo e questo rende possibile l’allevamento anche in aree a scarsa diffusione della sericoltura. In passato è stato ampiamente utilizzato un metodo a bassissimo costo e di grande efficacia detto della carta paraffinata (30 gr/ m2). La procedura prevede delle superfici di allevamento suddivise in piccoli lotti, ad esempio un box di 20.000 uova suddiviso in due o più parti, sui quali si stende un foglio di carta paraffinata che isola le larve e le foglie mantenendo perfette condizioni di umidità e temperatura.

L’allevamento delle prime età richiede spazi molto limitati, infatti per un box di 20.000 si utilizzano circa 5 m2 ma in oriente riescono a ridurre di circa la metà tale spazio. I supporti ideali sono costituiti da vassoi in legno della dimensione di 1mx2m e bordo di 5 cm con molte varianti nei differenti paesi. Per un box sono necessari tre vassoi di tali dimensioni che possono essere accatastati e coperti singolarmente con la carta paraffinata. Subito dopo la schiusa le giovani larve dovranno essere disposte sui vassoi utilizzando una piuma o un pennello e si incomincia con l’alimentazione. I pasti devono essere somministrati molte volte al giorno, almeno quattro, ma è buona pratica farlo sei volte iniziando alle sei del mattino e terminando alle 21 della sera con intervalli di due o tre ore. Le foglie devono essere raccolte nelle posizioni apicali del ramo e tagliate in piccole strisce larghe 1 cm..  La distribuzione delle foglie deve essere omogenea ed i vassoi ricoperti con la carta paraffinata o nel caso di strutture condizionate, impilati secondo un ordine preciso avendo cura di invertirne la disposizione facendoli ruotare ogni volta che si somministra la foglia. Nelle strutture condizionate, la foglia può essere distribuita solo quattro volte. È opportuno fare anche una disinfezione delle larve e del letto di allevamento spargendo della calce idrata mediante un setaccio fine. Le disinfezioni fanno fatte dopo la muta, al termine del sonno. Il cambio del letto deve essere fatto utilizzando i cartoni forati³ o una rete con maglie di 1 cm circa. Poco prima della muta le larve cambiano leggermente colore e diventano translucide, a questo punto si mette una rete sopra il letto di allevamento e si distribuisce la foglia per l’ultima volta attendendo che tutti i bruchi si posizionino sopra la rete. Si rimuove la carta paraffinata, si assicura un buon ricambio d’aria e si lascia il tutto indisturbato. Al termine della muta si trasferisce la rete con le larve su un altro vassoio e si prosegue con l’allevamento. I ritardatari dovranno essere separati e gestiti su un altro lotto di allevamento. È possibile operare un pareggiamento delle larve se i ritardatari sono pochi aspettando che compiano la muta sospendendo nel frattempo la somministrazione di foglia. 

*³  Nel 1875 l’Ing. Cav. Enrico Mangili non sapendo come utilizzare i piccoli dischetti di scarto dei fogli che venivano utilizzati come lettiere, inventò i coriandoli di carta (prima si utilizzavano i semi di coriandolo).

Allevamento 4a e 5a età 

Durante le prime tre età le larve sono molto sensibili alle variazioni dei parametri ambientali, anche piccole, e ancora di più alla qualità e regolarità dei pasti. Piccole variazioni generano grandi differenze nello sviluppo con il rischio di vanificare l’intero allevamento. Nelle due fasi successive sono meno sensibili a tali variazioni, ma molto meno resistenti alla temperatura, all’eccessiva umidità e scarsa ventilazione. È importante quindi assicurare un ambiente con un buon ricambio di aria con temperatura compresa tra 20°C e 26°C e umidità del 70%. Nelle condizioni di clima temperato gli allevamenti principali sono condotti tra i mesi di giugno e luglio e le condizioni ambientali non sono del tutto costanti. Nei giorni di sole si avranno temperature troppo elevate e si dovrà ricorrere ad un’efficiente ventilazione dei locali per ridurre il valore di tale parametro. Altro problema è la bassa umidità che potrà essere regolata con umidificatori o spargendo acqua sul pavimento. In entrambi i casi si avrà anche una buona riduzione della temperatura dovuta al calore assorbito dall’acqua durante l’evaporazione. Nei giorni di pioggia, o in annate anomale, si può avere il problema opposto e quindi bisognerà riscaldare in modo adeguato mediante stufe o altre fonti di calore. È evidente che le strutture destinate all’allevamento devono essere realizzate tenendo conto di quanto esposto e nelle figure che esponiamo sono rappresentati i diversi approcci costruttivi.

Allevamento professionale in Cina

L’esperienza maturata nel corso degli ultimi decenni indica, per il contesto ambientale italiano a clima temperato, l’adozione di tunnel prefabbricati che non richiedono nessun tipo di licenza costruttiva e possono avere impieghi multipli all’interno dell’azienda. Le dimensioni ideali sono 8mx30m con una superficie utile di 240 m2 e culmine di 3.5- 4 m idonei per l’allevamento di 10-15 telaini. La struttura dovrà essere munita di rete ombreggiante, sistema di isolamento termico con intercapedini ad aria o lana di roccia, isolamento dai raggi solari ed isolamento, sistemi di apertura laterali per la ventilazione, porte di accesso nelle testate e rivestimento plastico per isolamento dal terreno.

Oggi è possibile sfruttare molte soluzioni tecnologiche già convenientemente in uso per altre attività. La superficie interna sarà suddivisa in due strisce con larghezza di1.2m -1.5m e lunghezza   25-m-28m. Una seconda problematica, che vale la pena di affrontare in anticipo, è connessa con la raccolta è la distribuzione dei rami di gelso che assorbono una grande quantità di lavoro. Le esigenze alimentari delle larve durante le ultime età aumentano considerevolmente, e ciò si traduce in grandi quantità di rami che devono essere raccolti in campo, trasportati e conservati per avere una sufficiente autonomia. Infatti se la distribuzione della foglia prevede inderogabilmente il rispetto del numero di pasti giornalieri, la raccolta è molto impegnativa e va eseguita ad intervalli cadenzati ottimizzando braccia e mezzi a disposizione. Va tenuto conto che durante i giorni di pioggia la raccolta è particolarmente difficoltosa se non impossibile. Ogni allevamento dovrà includere, quindi, un locale di conservazione dei rami dove è possibile mantenerli nella loro piena freschezza per almeno quattro giorni.

Allevamento su pezzone in Brasile

Sulla base di quanto esposto è possibile organizzare una raccolta dei rami con cadenza bisettimanale. Un ulteriore elemento da considerare è la superficie di allevamento che come esposto nella tab. 2 prevede a partire dalla terza età un raddoppio nella quarta il quintuplo nell’ultima. Con il proseguire dell’allevamento va monitorata la densità delle larve per unità di superficie e questo può essere eseguito in modo semplice mediante una cornice di ampiezza nota. Gli allevamenti condotti somministrando foglia richiedono in genere uno spazio minore rispetto alla somministrazione dei rami e da qui ne deriva che il sistema basato su arelle e ripiani richiede esclusivamente foglia, mentre il pezzone a terra è idoneo alla somministrazione dei rami. I valori riferimento della superficie di allevamento nelle diverse età sono quelli riportati nella Tab. 2. La quantità di foglia richiesta è riportata sia nella Tb. 1 sia nella Fig. 7. Il numero di pasti giornaliero deve tenere conto di una semplice considerazione: la foglia sia in ramo sia sfogliata deve essere presente sempre in quantità sufficiente e non avvizzita tra due somministrazioni contigue. Questo dipende dalla qualità della foglia e dalle condizioni ambientali. Con temperature più elevate e bassa umidità la foglia avvizzisce velocemente. Tenuto conto di quanto esposto si danno delle indicazioni generali che devono essere ottimizzate nel contesto del singolo allevamento, ma da un punto di vista generale si suggerisce per la quarta e quinta età un numero di pasti pari a quattro con la seguente cadenza: ore 6, ore 12, ore 18, ore 23.

Il cambio del letto di allevamento con il sistema ad arelle deve essere eseguito durante tutte le fasi di allevamento mentre con il pezzone nella quinta età è possibile evitare l’operazione. Nella prima età normalmente non si esegue nessun cambio del letto poiché è necessario diradare le larve e con questa operazione si consente l’essiccazione delle rimanenze di foglie evitando lo sviluppo di muffe. Nella seconda età è possibile effettuare il primo cambio subito dopo la prima muta ed il secondo nel terzo giorno durante il penultimo pasto. Nella terza età si esegue il cambio del letto tutti i giorni. Nella quarta età si esegue il cambio dopo la muta e un secondo intermedio.  Nella quinta età con il pezzone a terra i rami vengono disposti parallelamente invertendo la direzione tra un pasto ed il successivo in modo che si intreccino uno con l’altro. Questa disposizione rende agevole l’eliminazione di tutto il letto di allevamento al termine del ciclo e lo spazio che si crea tra i rami permette una certa aerazione e l’essiccazione delle rimanenze. La disidratazione dei rami rimasti viene fortemente agevolata dalla distribuzione di calce idrata che ha anche la funzione di disinfettante. La calce viene sparsa al termine di un pasto prima della somministrazione del successivo. 

Allevamento a terra Yunnan – Cina con bosco che scende dall’alto e pedana mobile.

Il Bosco

Le larve giunte al termine del ciclo biologico rallentano le attività e cessano di alimentarsi. Inizia a questo punto un processo fisiologico, detto comunemente di purga, con il quale si liberano dei liquidi fisiologici assumendo un colore meno turgide e leggermente trasparenti. È giunto il momento di disporre sopra il letto di allevamento il materiale per l’imboscamento. Normalmente in Italia si utilizzano dei supporti plastici disposti a raggiere detti ricci. In tutto l’oriente di preferisce utilizzare dei telai in cartone suddivisi in celle all’interno delle quali le larve costruiranno i bozzoli. Questa tecnica è detta di Imboscamento Giapponese e prevede che le larve siano poste manualmente all’interno dei cartoni. La presenza delle singole celle riduce la percentuale di bozzoli doppi che è l’elemento critico dei ricci adottati in Italia. Inoltre, questo sistema permette di raccogliere le larve in modo selettivo lasciando ancora nel letto di allevamento quelle che non hanno cessato di alimentarsi o non ancora pronte. Tale operazione deve, almeno parzialmente, essere effettuata anche il sistema a raggiere raccogliendo le larve che vagano sui rami e disponendole manualmente sui ricci. Il bosco in plastica a raggiere, con ventaglio di 180°, offre molti vantaggi tra i quali la possibilità di lavarli e disinfettarli, di accatastarli in poco spazio e di eseguire la raccolta del bozzolo con un sistema di pettine automatizzato. La dimensione delle raggiere è di 1 m con raggi lunghi 20 cm. Il numero di raggiere necessario per telaino è di 40. 

Bosco Giapponese in Cina

Durante la fase di salita al bosco è necessario mantenere l’umidità bassa attraverso una buona ventilazione. Infatti l’escrezione dell’urina, pari a mezzo cubico per larva, genera per evaporazione dell’acqua un forte innalzamento della umidità. La temperatura non deve scendere sotto i 26°C. Le condizioni nelle quali si svolge la fase di formazione del bozzolo sono estremamente importanti per ottenere un buon indice di filabilità. Le caratteristiche della sericina e la compattezza degli stati di fibroina dipendono dalle condizioni di umidità e temperatura dei locali durante la fase di estrusione del filo di seta che si completa per grossa parte nelle prime trenta ore dopo la salita al bosco. Sono esattamente queste trenta ore il periodo cruciale per ottenere bozzoli che non presentano problemi per la fase di macero, scopinatura e trattura.

Bosco tradizionale in Bamboo in Cina.

Dopo la formazione del bozzolo le larve racchiuse all’interno iniziano il processo di trasformazione in pupa e poi di farfalla. Questi mutamenti attivano una serie di processi enzimatici di istolisi che portano alla distruzione dei vecchi tessuti e la successiva riorganizzazione in quelli nuovi. La Istolisi in qualche modo può essere comparata ad un fenomeno di solubilizzazione parziale dei vecchi tessuti, condizione di estrema criticità poiché anche   piccole sollecitazioni meccaniche ne alterano il compimento. Per questa ragione i bozzoli sono lasciati indisturbati per circa dieci giorni durante i quali si verifica una lenta perdita di acqua e prima che la metamorfosi si compia con la formazione della farfalla devono essere raccolti e sottoposti ad essiccazione per renderli conservabili. Il processo ha termine con la raccolta dei boschi e la separazione dei bozzoli da tali supporti. 

 

Fig. 9 Lavoro in percentuale

La meccanizzazione dell’allevamento.

Abbiamo già accennato alle tecniche di allevamento del baco da seta descrivendo i metodi che sono maggiormente adottati ancora oggi. È stata delineata la grande divisione tra i sistemi che adottano la somministrazione di foglia per l’intero ciclo di allevamento e quelli basati sulla somministrazione del ramo a partire dalla quarta età. I primi sono costituiti da graticci, tavoli, casse in legno o altro materiale, disposti singolarmente o impilati in uno schema a ripiani. Questi sistemi sono sempre adottati per l’allevamento delle prime tre età, mentre per le due successive si può sistemare il pavimento di un capannone o di un tunnel isolato con un telo di tessuto non tessuto o di paglia o do fibra vegetale sterilizzata. Questo sistema prevede l’allestimento di due o più “pezzoni” con larghezza non superiore a 1.5 m, che diverranno i letti di allevamento con utilizzo preferenziale di ramo. Sono state sperimentate molte variazioni ed adattamenti, ma il fattore comune a tutte le tecniche di allevamento rimane il grande impegno lavorativo in manodopera.

È questa la ragione che ha portato alla scomparsa della bachicoltura in Italia, ma oggi con le profonde trasformazioni sociali è divenuto un problema anche nella stessa Cina. Si ritorna così al grande quesito con il quale si sono misurati i tecnici già negli anni 60: È possibile progettare sistemi meccanizzati della bachicoltura riconducendoli nell’alveo delle attività zootecniche economicamente sostenibili?

Gli studi e le sperimentazioni condotti fino ai primi anni 80 avevano indicato delle concrete soluzioni, evolute e funzionali, ma nel confronto competitivo non sufficienti a fronteggiare le strategie produttive, anche di impatto speculativo, che hanno dato alla Cina il completo monopolio del mercato internazionale della seta greggia.

Oggi sembra che sia giunto a termine anche questo ciclo e non vi è una seconda Cina all’orizzonte. Ritorna così l’antico quesito di come meccanizzare la produzione della seta, o forse spingersi più in là pensando a sistemi maggiormente evoluti. Alcuni elementi del passato non hanno perso del tutto la loro valenza positiva e si potrebbe ripartire dai più importanti: la dieta artificiale e la meccanizzazione dell’allevamento.

Fig. 10 Ipotesi di meccanizzazione primi anni del 900

La gestione del gelseto in una visione più moderna non è particolarmente complessa poiché si può attingere alle tecnologie già disponibili e sviluppate per altre colture. Elevata densità di impianto, riduzione della taglia, irrigazione localizzata e raccolta meccanizzata sono praticabili e non presentano grandi problematiche. Ma bisogna ricordare che le soluzioni disponibili richiedono adattamenti poiché sono state progettate per altre colture e quindi vi sono problemi di misure e dimensioni. I sistemi di raccolta per le biomasse (short rotation forestry), ad esempio, si adattano alla raccolta del gelso, ma spesso hanno capacità produttive eccessive o dimensionamenti non congrui.

Alimentazione a ramo in Thailandia

Allevamento a tunnel

La meccanizzazione dell’allevamento con i sistemi a ripiani semoventi e la somministrazione agevolata dell’alimento, sia in porzioni di ramo sia in foglia, può trovare numerose varianti applicative e tutte con validità sperimentata. A titolo di esempio vengono mostrate una serie di foto con differenti soluzioni. In linea generale si può riassumere pensando che è necessario automatizzare la distribuzione della foglia, il cambio del letto di allevamento, la salita al bosco, la raccolta dei boschi e l’estrazione del bozzolo. Tutte queste operazioni possono essere gestite, come già accennato, con sistemi a ripiani semoventi. Nel caso si scelga di mantenere il sistema a pezzone è possibile delimitarlo con delle assi e accompagnata da un traliccio metallico sul quale possono scorrere dei carrelli meccanizzati in grado di distribuire la foglia meccanicamente. Il concetto è opposto a quello dei graticci mobili poiché si ha un supporto fisso e il sistema mobile è costituito dal carrello di distribuzione. In Brasile si utilizzano diverse tipologie di carrelli non meccanizzati che si ispirano a tale concetto.

Macchina raccolta rami Giappone

Allevamento automatizzato Cassina Rizzardi 1988

Non vale la pena soffermarsi su dettagli tecnici poiché le soluzioni possibili sono molte e non vi sono costruttori con modelli di riferimento.  

Questi due aspetti non risolvono però le criticità della filiera produttiva che comprendono il processo di essiccazione del bozzolo e la sua trattura della quale tratteremo in un capitolo dedicato. Per ultimo rimane la potenzialità innovativa degli allevamenti in ambiente controllato e con dieta artificiale. In questo caso la possibilità di disporre di un alimento in qualsiasi giorno dell’anno permette la progettazione di sistemi di allevamento completamente condizionati a ciclo continuo. Le sperimentazioni in tal senso sono state condotte con successo in Giappone, Italia e nella stessa Cina, ma l’ostacolo è sempre lo stesso; la riduzione dei costi di produzione con sistemi avanzati non abbatte il grande divario con il bozzolo da aree rurali a basso reddito.  Come sottolineato in precedenza questo scenario è in evoluzione e la produzione cinese di bozzolo è in continuo calo aprendo nuove prospettive per la reintroduzione della sericoltura nei paesi con costo del lavoro elevato.

 

Allevamento meccanizzato Giappone

Dieta Artificiale

La necessità di razionalizzare i processi di allevamento del baco da seta ha permesso di introdurre sempre nuovi accorgimenti e tecniche indirizzate alla riduzione dell’impegno lavorativo accrescendo in parallelo qualità e rese. Ma il peso dell’alto numero di ore lavorative, richiesto dalla produzione di seta greggia, ha segnato il declino della produzione di bozzolo in tanti paesi di grande tradizione sericola come Giappone ed Italia. 

Il punto di non sostenibilità economica si raggiunse nel corso dei primi anni sessanta, e con un processo rapido e sbrigativo in Italia si ebbe il completo smantellamento della bachicoltura. Molti sono stati i tentativi spesi per fermare il declino della produzione di bozzolo e della connessa attività industriale di trattura: una chiara testimonianza sono stati i numerosi tentativi di meccanizzare l’allevamento ma, nessuna soluzione ha avuto riuscita e il decorso degli eventi economici non è stato per nulla deviato. Soprattutto le foto dei grandi impianti a ripiani semoventi mostrano l’impegno delle ultime energie spese per impedire l’abbandono della produzione di seta greggia alla quale tutti erano in qualche modo legati. 

In Italia l’allevamento del baco da seta conobbe un declino velocissimo, bruciato in pochi anni dalle profonde trasformazioni sociali ed agricole, mentre in Giappone conobbe qualche anno ancora di speranza e buona persistenza. Ma soprattutto in Giappone vi è sempre stato anche un efficace investimento sperimentale per tutto ciò che di innovativo poteva nascere dal mondo della seta.

Allevamento con dieta artificiale

Allevamento dieta artificiale

È proprio in Giappone che sono nati i progetti e le soluzioni più avanzate, per esempio nella selezione genetica del gelso e del baco da seta, nelle tecniche di allevamento, nelle applicazioni cosmetiche e biomedicale della seta e nella tecnologia della trattura automatica. In seguito molti hanno abbracciato queste tematiche, ma va riconosciuto ai ricercatori Giapponesi un primato incontestato che ha investito ogni ambito della filiera serica, e tra gli studi e le innovazioni ciò che ha suscitato sempre una grande speranza, tra interesse e curiosità, è stata la dieta artificiale per l’allevamento del baco da seta. 

Le prime vere formulazioni furono messe a punto nel corso degli anni ‘80 e per un po’ di tempo vi fu una sorta di incredulità perché era ben nota la rigorosa dipendenza dalla foglia di gelso del baco. Infatti i documenti storici testimoniano di tanti esperimenti, iniziati già a fine ‘700, indirizzati alla scoperta di un alimento per sostituire il gelso nella alimentazione del baco da seta, ma ogni tentativo fu sempre vano riaffermando il forte comportamento monofago di ogni razza e linea di Bombyx mori.  In realtà la perfetta riuscita dell’allevamento su dieta è stata legata, sempre in Giappone, alla selezione di linee genetiche meno monofaghe e in grado di accettare un alimento diverso dalla foglia di gelso. 

La tecnica di allevamento su dieta artificiale è partita, quindi, con linee idonee di Bombyx mori, opportunamente selezionate per accettare un alimento di sostituzione, sebbene una certa percentuale di foglia di gelso è stata mantenuta in quasi tutte le formulazioni di dieta artificiale, perché garantisce l’appetibilità e risulta indispensabile per la formazione di un bozzolo ricco in seta.  La percentuale di foglia di gelso nella dieta artificiale varia in funzione dell’età delle larve che risultano essere maggiormente esigenti nelle prime tre età, ed in conseguenza si deve parlare di diete artificiali perché se ne hanno almeno due; quella delle prime età e quella delle ultime due. 

Questo tipo di alimento, oltre alla foglia di gelso disidratata e polverizzata, contiene una serie di componenti di facile reperimento che permettono di allevare il baco da seta tutto l’anno, anche nel corso dell’inverno quando le foglie non sono disponibili. Inoltre, vi è la possibilità di ridurre il numero di pasti per ogni età e di introdurre un alto livello di automazione in tutte le procedure produttive. Nella Tab. 2 è riportata la composizione di una formulazione standard di dieta artificiale dove è possibile notare tra i componenti la presenza di una certa percentuale di Agar. La presenza di questo polimero di origine naturale è di fondamentale importanza perché è in grado di gelatinizzare ad alta temperatura e  trasformare la consistenza della dieta in un preparato denso e gelificato compatibile con i morsi dell’apparato boccale delle larve di baco da seta.

Osservando la lista degli altri componenti si può notare che una parte sostanziale delle proteine apportate dalla foglia fresca del gelso viene sostituita da quelle di soia, prodotto di facile reperibilità. Gli altri componenti sono metaboliti minori, tra cui vitamine e fitosteroli, persi durante il processo di disidratazione della foglia, ed indispensabile per mantenere elevato il livello di appetibilità.

La dieta artificiale viene assemblata in forma di polvere secca che dovrà essere idratata e sterilizzata ad alta temperatura. Il trattamento termico serve, come già detto,  anche a gelificare l’agar che impartisce la consistenza idonea alla dieta pronta per la somministrazione. Mediante l’utilizzo di un packaging appropriato è possibile conservare la dieta sterilizzata ed idratata per almeno sei mesi. 

Foto 23. Bosco in materiale plastico in allevamento con dieta artificiale

Normalmente la dieta artificiale viene somministrata in forma di strisce o in forma di piccoli cilindri distribuiti su reti a maglia fitta. Come per la foglia nell’allevamento tradizionale anche la dieta perde acqua per evaporazione e tende ad indurirsi velocemente divenendo immangiabile per le larve. Il controllo della umidità negli spazi di allevamento consente entro certi limiti di ovviare alla disidratazione della dieta artificiale stesa sul letto di allevamento, ma il fenomeno non è del tutto eliminabile e rappresenta un grande ostacolo per l’allevamento massivo delle ultime età. Al contrario fino alla terza età il sistema con dieta artificiale, in ambiente condizionato, appare molto più vantaggioso rispetto a quelli tradizionali. Ma il vero tallone di Achille della dieta artificiale è il costo di produzione. L’insieme degli elementi composizionali, la loro formulazione ed il processo di idratazione e cottura sono economicamente sostenibili solo per le prime tre età mentre nella quarta e quinta le quantità richieste fanno perdere tutti i vantaggi derivanti da automazione e contenimento delle ore lavorative complessive. È questa una delle ragioni principali per le quali i sistemi di allevamento con dieta artificiale non sono mai stati avviati per produrre seta greggia, ma sono destinati ad impieghi diversi del baco da seta. 

Tab. 2 Composizione dieta artificiale

Bozzoli

La forma del bozzolo dipende dalla razza e quelle più comuni sono la cinturata per le razze di origini Giapponesi, rotonde per le razze di origini cinesi, ovali per le razze di origine europea e affusolata per quelle polivoltine. Il colore va dal giallo al verde al rosa e dipende dai pigmenti fenolici vegetali che si accumulano soprattutto nello strato di sericina.

Centro di ammasso in Cina

Il colore bianco è associato ad una qualità della seta superiore. Il volume del bozzolo dipende dalle razze, dalle condizioni ambientali e dai sistemi di allevamento. È un parametro di grande importanza nella valutazione della qualità dei bozzoli.

Bozzoli bianchi di alta qualità

Tradizionalmente in Europa si prelevava un campione di 16 kg, diviso poi in quattro parti, per analizzare la qualità di un lotto. Il volume di un singolo bozzolo è di 6-8ml e un metro cubo ne contiene 65-80 kg. Il peso di un bozzolo è determinato da quello della corteccia serica e da quello della crisalide. Il rapporto tra i due valori espresso in % dà il valore della corteccia serica in un bozzolo e di norma varia tra il 12 e il 25%.

Bozzoli con una corteccia serica che pesa il 23,8% dell’intero bozzolo

La grana della corteccia serica

Molti fattori influenzano questo parametro, ad esempio: razza, sesso, stagione, ambiente, qualità della foglia di gelso e sistema di allevamento. La percentuale di seta greggia ricavabile dal bozzolo fresco è un valore importante per il filandiere, di norma il 75%-85% della corteccia serica e, come detto, il 12%-25% del bozzolo fresco. La compattezza della corteccia del bozzolo viene espressa anche con il termine di grana.

La corteccia può presentare un livello di compattezza variabile in funzione della sericina. Strati più compatti e saldati determinano bozzoli duri e difficili da macerare e dipanare. Al contrario cortecce soffici sono facilmente permeabili e danno sete con difetti di nettezza e purezza. La compattezza del bozzolo dipende dalle condizioni di allevamento ed in particolar modo durante la fase di imboscamento. L’umidità elevata tende a creare bozzoli soffici e poco compatti, al contrario umidità bassa determinano la disidratazione veloce della sericina che compatta eccessivamente gli starti del bozzoli rendendoli duri e compatti.

In Filanda è necessario testare la filabilità di una partita di bozzoli, da essa dipende la resa e anche la qualità della seta tratta oltre che il buon andamento della macchina di trattura. La filabilità si ricava da un calipone di 400 bozzoli filati su un’apposita bacinella. L’indice di filabilità è il reciproco del numero di rotture della bava durante la filatura più 1.

1/(1+1)x100=50%

Esso varia tra 40% to 80%

Modern Silkworm Breeding

La realtà di filanda di norma però è molto diversa perche raramente i bozzoli hanno caratteristiche soddisfacenti e per questo si rende necessaria una operazione cruciale: la cernita.

La cernita

Diverse tipologie di bozzolo bianco e bozzoli difettosi

Ogni lotto di bozzolo deve essere pulito da quelli macchiati, malformati e difettosi per ragioni varie. Si deve procedere, inoltre, alla suddivisione in classi di dimesioni omogenee per agevolare il lavoro do trattura. Se volessimo esprimere un desiderata diremmo che un loto di bozzolo ideale dovrebbe avere

Bozzoli difettosi

Se volessimo esprimere undesiderata diremmo che un loto di bozzolo ideale dovrebbe avere

Lunghezza minima bava                                                 1000 m

Indice di filabilità                                                                50%

Lunghezza media a rottura                                              600 m

Diametro medio del filamento                                       2.5 den

Bozzolo doppio

Essiccazione dei Bozzoli

I bozzoli freschi contengono la crisalide che porterà a termine la metamorfosi in circa dieci giorni dalla formazione del bozzolo stesso. Entro tale termini i bozzoli dovranno essere essiccati per impedire che la farfalla fori la corteccia per fuoriuscire e danneggiare rendendo infilabile il bozzolo. Il contenuto di umidità del bozzolo fresco, La resa del processo di essiccazione è di circa il 40%.

Bozzoli freschi pronti per essere essiccati

I parametri del processo di essiccazione sono esposti di seguito e determinano la valutazione del consumo energetico. L’essiccazione richiede che i bozzoli siano esposti ad un flusso di aria a 90°C con un consumo energetico complessivo di 887 cal per kg di bozzolo (3713 joule). Il processo di essiccazione viene condotto con essiccatoi ad aria calda in controcorrente e muniti di camere, all’interno delle quali il bozzolo trasportato mediante reti semoventi, permane per un tempo compreso tra sei e otto ore. La temperatura può seguire una rampa ascendente o discendente come riportato nel diagramma sottostante. L’essiccazione con rampa di temperatura discendente è maggiormente indicata per la filatura su macchine automatiche poiché rende la sericina maggiormente idratabile.

Diagramma del processo di essiccazione secondo lo schema adottato in Giappone

Essicatoio moderno in Cina

Il processo di essiccazione dipende essenzialmente dal contenuto di acqua nella crisalide. Quella contenuta nelle cortecce seriche viene allontanata facilmente ed in poco tempo. Al contrario la temperatura all’interno della crisalide sale lentamente, e sebbene vi sia una prima fase nella quale la perdita di acqua è abbastanza veloce,  la completa estrazione dell’acqua  richiede almeno sei ore. Il processo non deve essere accelerato per evitare la fuoriscita di liquidi dal corpo della crisalide che macchiano irrimedibilmente la seta.

Il processo di essiccazione deve evitare la insolubilizzazione della sericina che abbassa l’indice di filabilità e deve costantemente allontanare l’ammoniaca prodotta delle crisalide che detriora le proprietà fisico meccaniche della seta.

La percentaule di essiccazione è data dal rapporto tra il peso dei bozzoli secchi e quello dei bozzoli freschi espressi in percento.

La percentuale di umidità è data dal rapporto tra il contenuto di umidità e il peso del bozzolo espresso in percento.

Bozzolo mal essiccato

Malattie del baco da Seta

Le patologie del Bombyx mori

Pebrina

Una delle patologie maggiormente conosciute che ha segnato la storia del baco da seta è certamente la pebrina. Nel 1849 fece la sua prima comparsa in Francia e qualche anno dopo giunse in Italia provocando forse la più grande distruzione epidemica della produzione di seta, al punto da costringere gli allevatori europei a spingersi fino in Giappone alla ricerca di seme sano.¹                                                                                                          

¹Durante questo periodo è ambientato il romanzo di Alessandro Baricco “Seta” (Foto 1.)

La malattia si manifesta con la comparsa di piccole macchie nere distribuite sul corpo della larva che possono espandersi su tutto l’esoscheletro. Le larve infette cessano di alimentarsi e muoiono con evidenti alterazioni morfologiche. Questi sintomi sono tipici delle larve derivanti da uova infette, mentre se la malattia viene contratta per via orale nella fase larvale ha un decorso meno evidente e consente l’accoppiamento e la deposizione di uova in grado di trasmettere la patologia.

Pebrina

L’agente patogeno della pebrina è il protozoo Nosema bombycis. L’infezione ha due modalità di trasmissione: quella detta accidentale quando le e spore presenti sulle foglie vengono ingerite durante l’alimentazione della larva, e quella ereditaria trasmessa dalla madre mediante l’uovo e presente nei tessuti embrionali. Le larve nate da uova infette e quelle che contraggono la malattia nelle prime non riescono a produrre il bozzolo e muoiono prima, mentre quelle che si infettano nelle ultime età riescono a portare a compimento il ciclo e deporre uova infette.
Non vi è nessun trattamento efficace il grado di combattere la malattia in fase di sviluppo, ma è necessario prevenirla con uova sane.

 ²L’intuizione più illuminata fu dell’agronomo milanese Gaetano Cantoni (1815-1887)

Calcino

Noto a livello internazionale con il termine francese di muscardine è stata la patologia che ha afflitto il baco da seta prima della comparsa della pebrina e per la quale sono state spese molte energie nel corso dei secoli. Le prime descrizioni risalgono agli inizi del settecento, ma è probabile che fosse presente in Italia già da molto tempo.

Il calcino arrecava gravi danni alla bachicoltura e rimase incompreso per molto tempo arrovellando la mente di grandi ricercatori. Le cause della patologia furono scoperte da Agostino Bassi. Di seguito riportiamo il testo dell’Enciclopedia Treccani alla voce A. Bassi:

Bassi, Agostino. – Naturalista (Mairago 1773 – Lodi 1856). Laureato in giurisprudenza a Pavia, si dedicò a studî di medicina, biologia, zootecnia, pastorizia, bacologia, patologia animale e vegetale, ecc., pubblicando parecchie memorie, che furono ristampate nel 1925. Il più importante e classico lavoro è quello (1835) Del mal del segno, calcinaccio o moscardino, malattia del baco da seta, in cui dimostrò che l’agente etiologico è rappresentato da un fungo (Botrytis bassiana), i cui germi sono nell’aria, crescono e si moltiplicano sul baco vivo, che a sua volta infetta altri individui sani. Tale scoperta costituisce una pietra miliare nella storia della microbiologia, poiché essa rappresentò la convalida della dottrina del contagio animato che si riallacciava all’intuizione di G. Fracastoro e che doveva in seguito culminare nelle ricerche di L. Pasteur e di R. Koch. Oltreché di questi ultimi, il B. può essere anche considerato, in un certo senso, precursore di J. Lister, poiché studiò e attuò la possibilità di distruggere i microrganismi e prevenire il contagio (Della natura dei morbi ossia mali contagiosi e del modo di prevenirli e curarli, 1853)

Oggi sappiamo per certo che l’infezione si diffonde attraverso le spore che si depositano sulle larve e in condizioni favorevoli proliferano espandendosi con   ife vegetative che si diffondono negli organi interni. Dopo qualche giorno spuntano all’esterno del corpo delle larve le ife riproduttive che sviluppano conidi e spore. Il ciclo complessivo è di circa una settimana e porta alla distruzione di un numero elevatissimo di bachi. Le larve infette si ricoprono di ife riproduttive di colore bianco e di cristalli di ossalato di ammonio e magnesio che contribuiscono a trasformare la larva in una specie di un frammento mineralizzato. Sebbene il calcino bianco sia quello maggiormente diffuso esistono altri miceti in grado di provocare gli stessi danni, ad esempio è ben conosciuto il calcino giallo dovuto alla B. globulifera, il calcino verde da Nomuraea rileyi ed infine vi sono le infezioni miste da Aspergilli.

Le condizioni favorevoli allo sviluppo di queste patologie sono le temperature superiori a 25°C e U% superiore al 70%. Queste condizioni sono tipiche dei periodi primaverili-estivi piovosi e autunnali. La cura è basata soprattutto sulla prevenzione regolando le condizioni ambientali e con una accurata disinfezione di locali ed attrezzature. In passato si è fatto largo ricorso alla formalina in soluzione al 5% come agente di disinfettante molto energico e a largo spettro, oggi è preferibile l’utilizzo di prodotti a base di cloro o con generatori di ozono.

Beauveria Bassiana

Beauveria Bassiana

Patologie da virus:

Oggi il termine Polyhedrosis è utilizzato per indicare due patologie determinate da agenti virali: la Nuclear Polyhedrosis (NPV), la Cytoplasmic polyhedrosis (Mid-gut desease). Vi è inoltre un terzo tipo di virus detto Flacherie virus noto in Italia con il termine Flaccidezza.

Polyhedrosis Nucleare (NPV). Il termine poliedrosi deriva dalla presenza di particelle a geometria poliedrica complessa nell’emolinfa delle larve ammalate. Esiste una differente sensibilità tra le differenti razze ed alcune, come le bivoltine delle aree subtropicali, sono praticamente immuni. Nei poliibridi vi è una apprezzabile resistenza rispetto a razze pure o a bozzolo colorato. La poliedrosi si manifesta tra la terza e la quinta età con differenti sintomi ma con una evidente modificazione dell’emolinfa che diviene densa e lattescente ed esce dalla cuticola in forma di piccole gocce. La perdita di emolinfa attraverso la cuticola fratturata è caratteristica tipica di questa malattia. L’infezione avviene come per tutti i virus per ingestione delle particelle virali. Il virus si riproduce nelle cellule del tessuto adiposo, negli epiteli e nella emolinfa. 

Baco malato

La polyhedrosis citoplasmatica. È dovuta ad un virus RNA che provoca una grave alterazione delle pareti intestinali accompagnato da disordine metabolico e morte delle larve. I sintomi si manifestano con l’incapacità delle larve di alimentarsi e la colorazione biancastra dell’intestino. A volte si notano alterazione morfologiche delle larve che si raccorciano ed il capo sembra essere sproporzionato. Il virus si riproduce a livello citoplasmatico.

La flaccidezza, o flacherie. È dovuta anche essa ad un agente virale che infetta selettivamente alcune tipologie di cellule degli epiteli o delle ghiandole intestinali, con gravi alterazioni fisiologiche. Le larve infette cessano di alimentarsi, diventano molli e compaiono delle macchie nere sull’addome che si estendono colorando di scuro l’intero corpo. Le larve muoiono con l’intestino in completo degrado per azione di batteri e muffe che si accompagnano all’infezione virale.

Baco malato

Le infezioni virali hanno maggiore facilità di diffusione nelle razze o ibridi che mostrano scarsa resistenza, per cui il lavoro di selezione genetica ha grande importanza e di conseguenza la qualità del seme utilizzato nell’allevamento. Le infezioni si trasmettono attraverso l’ingestione dei corpuscoli poliedrici che rappresentano le forme virali inattive. L’ingestione avviene attraverso le foglie che sono contaminate in campo o nei locali di allevamento non adeguatamente disinfettati. In campo le contaminazioni si propagano attraverso i resti degli allevamenti, inclusi rami e deiezioni, che vengono utilizzati come letame o come pacciamatura. È importante interrompere il ciclo di diffusione sottoponendo a compostaggio le deiezioni ed esponendo al sole i residui legnosi.

Nel contesto subtropicale vi sono altre problematiche connesse con la presenza di mosche della famiglia dei Tachinidae che parassitizzano le larve del Bombyx mori. Sono mosche in grado di deporre le uova su diverse specie di bruchi e quelle del baco da seta sono semplicemente una opportunità a portata di mano. Le specie più note sono: Blepharipa zebina, Crossocosmia sericariae, Ctenophorocera pavida, Exorista bombycis, Exorista sorbillans.

Molti danni possono essere arrecati da predatori occasionali e tra questi le formiche, i topi, i rettili e gli uccelli.

Nelle condizioni di clima temperato va ricordato che i danni più importanti per l’allevamento del baco da seta e la produzione di bozzolo derivano dal cattivo governo dei bachi. Questo termine ricorre in un libro storico del Conte Vincenzo Dandolo che nel 1818 pubblicò il manuale – Dell’Arte di Governare i Bachi da Seta- che potremmo dire anche quasi del tutto valido.

Dell’arte di governare i bachi da seta

Le regole di buon governo si riferiscono agli ambienti di allevamento, agli attrezzi, alla qualità della foglia, alla regolarità di distribuzione della foglia, alla pulizia e disinfezione di locali e strumenti. Tralasciando gli aspetti qualitativi degli ibridi, dei quali ci occuperemo separatamente, possiamo affermare che la redditività dell’allevamento del baco da seta derivi maggiormente dal rispetto delle buone pratiche di allevamento.

Il Conte Vincenzo Dandolo da Enciclopedia Treccani

Dàndolo, Vincenzo – Scienziato e patriota (Venezia 1758 – Varese 1819). Di famiglia non patrizia, studiò chimica all’Università di Pavia e sostenne e diffuse le teorie di Lavoisier nei suoi Fondamenti della scienza chimico-fisica (1793); dello stesso autore curò peraltro la prima traduzione italiana (1791) del Traité élémentaire de chimie. Fautore di novità ostili all’oligarchia veneta, ebbe gran parte nella municipalità provvisoria di Venezia dal maggio all’ottobre 1797. Dopo Campoformio, fu membro del Gran consiglio della Cisalpina ed esulò in Francia durante la reazione del 1799; Napoleone lo creò senatore del Regno italico e conte, e lo nominò provveditore generale (governatore civile) della Dalmazia (luglio 1806 – dicembre 1809). Qui, appoggiandosi sull’elemento italiano più colto ed evoluto, si distinse nell’opera di riorganizzazione amministrativa, di sviluppo economico (si deve a lui l’introduzione della coltivazione della patata e l’istituzione della camera di commercio a Spalato, ecc.) e culturale con l’apertura di nuove scuole e di due accademie. A lui si deve la pubblicazione del giornale bilingue italo-croato Il Regio dalmata-Kraglski Dalmatin, su cui furono discussi i problemi economici della Dalmazia. I suoi rapporti sono fondamentali per la conoscenza della situazione economica e culturale della regione ai primi del sec. 19º. Caduto Napoleone, si ritirò a Varese dedicandosi all’agricoltura; nel 1804 aveva già dato alle stampe l’opera Governo delle pecore spagnuole e italiane; negli stessi anni si occupò anche della coltura del baco da seta. Fu padre di Tullio e nonno dei patrioti Enrico ed Emilio.

Le razze del baco da Seta

Le razze del Bombyx Mori

Sebbene parliamo di un insetto, la storia genetica e biologica del Bombyx mori è comparabile a quella di molte altre specie del regno animale. Non è diversa da quella del Bos primigenius dal quale hanno avuto origine così tante tipologie di bovini (ad una prima impressione si stenta a credere), ma gli studi di genetica ne confermano senza ombra di dubbio questi cambiamenti evolutivi.

Anche il Bombyx mori è una specie che ha inscritto nei suoi geni una storia evolutiva lunga milioni di anni, ma in una parte di questi geni ci sono anche le manipolazioni che l’uomo ha generato negli ultimi millenni.

Nel caso specifico se osserviamo una Theophila mandarina, stentiamo a credere che sia l’antenato primigenio del Bombyx mori, ma è proprio così. I dubbi non sono molti. È stata chiamata anche Bombyx mandarina, ma per questioni di semplice nomenclatura più che di classificazione, perché è una specie certamente appartenente ai bombicidi e si trova ampiamente diffusa ancora in oriente, esattamente nella patria di origine del baco da seta. Aspetto e morfologia sono del tutto differenti, ma si nutre di gelso e i suoi geni dicono che si tratta quasi della stessa specie. Differisce per quelle parti che l’uomo, consciamente o no, ha modificato.

Theophila Mandarina

Bombyx Mori

A volte le leggende ci raccontano delle bugie, come quella della principessa XI Ling Shi. Se veramente cadde un bozzolo dentro la sua tazza di the dal ramo di un albero, non apparteneva al baco da seta, ma alla Theophila mandarina, che li produce grandi quanto una oliva e di colore scuro. 

Come riportato in precedenza l’uomo ha dapprima raccolto questi bozzoli selvatici, poi ha trasferito le larve dentro le abitazioni e da qui è nata l’avventura di trasformazione. L’operazione non è riuscita del tutto con le tante specie semidomestiche e peggio ancora con altre non domesticabili che rifiutano di mangiare foglie staccate dai rami.

La Theophila mandarina è la sola che ha stretto un vero patto con l’uomo e si è lasciata allevare, incrociare e subire la selezione secondo le esigenze umane cosi da trasformarsi in Bombyx mori. La diffusione del baco da seta in differenti continenti e paesi, e l’allevamento in condizioni di isolamento, ha generato delle linee molto diverse da quelle originarie che possiamo definire razze.

Ad esempio tutte le razze allevate in Cina mostrano bozzoli tondeggianti e per gran parte sono bivoltine, quindi con uova sia ibernanti sia privi di diapausa. Quelle allevate in Giappone tendono ad essere monovoltine e mostrano bozzoli cinturati che ricordano le arachidi. Le razze allevate in Europa hanno sviluppato bozzoli ovali, di colore giallo, e quasi sempre depongono uova ibernanti quindi strettamente monovoltine. Nelle regioni a clima caldo, subtropicale, vi è stata una evoluzione in razze che depongono uova sempre prive di diapausa e quindi polivoltine.

Razze pure e incroci in Italia

Razze originarie bozzoli

Possiamo dire che questa pressione selettiva dell’uomo ha generato linee o razze che si sono adattate alle condizioni ambientali generando uova con diapausa o in grado di schiudere subito dopo la deposizione. Le diverse razze hanno sviluppato bozzoli con differente forma e colore, larve con pigmentazioni e livree diverse, contenuto in seta variabile e lunghezza delle bave molto diverso. Tutte le razze hanno quattro mute e cinque età di sviluppo, ma ve ne sono alcune che hanno solo tre mute e di conseguenze un ciclo biologico più breve. Molte razze sono state incrociate dando progenie con caratteristiche miste cha a volte si sono fissate nelle progenie, quindi è molto complesso parlare di razze per il Bombyx mori. Non ci sono dei criteri chiari per definire tra le migliaia di varianti definire quali siano razze e quali semplici linee di una razza.

Ad oggi si contano diverse migliaia di razze e linee diverse, ma una caratteristica rimane costante in tutte e cioè la monofagia; tutte si nutrono di foglie di gelso. Ma le moderne tecniche di selezione hanno permesso di selezionare mutanti non più monofagi. Già nel corso dell’800 sono stati creati incroci con l’intento di migliorare le caratteristiche produttive con risultati sempre più importanti fino ad arrivare alla situazione odierna dove si allevano solo incroci altamente selezionati.  La pratica dell’incrocio ha permesso di creare moltissime linee che non possono definirsi razze, perché le progenie riproducendosi danno luogo alla dissociazione dei caratteri e alla ricomparsa in qualche modo di individui simili a quelli di partenza. Ma questa tipo di miglioramento genetico ha consentito di riunire in un singolo individuo caratteristiche provenienti da più razze o linee. Ad esempio i moderni poliibridi derivano da un doppio incrocio tra razze originarie cinesi a bozzoli rotondo e bivoltine, con bozzoli molto ricchi in seta e razze di origine giapponese a bozzolo allungato e con bave di grande pregio per la produzione di seta.

Forse più correttamente potremmo porre la problematica in questi termini: la grande diffusione del Bombyx mori ha portato questa specie ovunque e sotto la continua azione selettiva dell’uomo si sono create delle popolazioni con caratteristiche simili, costituite da tante linee e varianti che nell’insieme potremmo assimilare a delle macro-razze così come già esposto: razze cinesi, europee e di regioni calde. A partire da questo variegato insieme genetico hanno tratto origine uno sterminato numero di incroci che sono ancora oggi alla base della produzione di seta.

error: Content is protected !!