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Trattura

Introduzione

La filatura della seta, termine impropriamente utilizzato per il processo di trattura, indica comunemente l’estrazione simultanea delle bave seriche da più bozzoli a formare un unico filo continuo. Il processo in qualche modo ripercorre in senso contrario ciò che il baco ha costruito, e questo può avvenire semplicemente per le proprietà chimiche della sericina. Infatti, le pareti del bozzolo sono intrecci di bavelle che formano sottili strati sovrapposti uno all’altro fino a creare l’architettura ovoidale e compatta del bozzolo.  Tutto ciò avviene quando la sericina è umida e plastica, ma bastano poche ora perché perda la sua idratazione e si trasformi in una materia ruvida e secca cha ha la funzione di cementare tra loro gli strati di fili di fibroina. Esponendo di nuovo il bozzolo al caldo umido, ad esempio immergendolo in acqua bollente per un certo tempo, la sericina si comporta da idrocolloide, assorbe acqua fino al punto di rammollimento e ripristina così lo stato semifluido ed elastico che permette il rilascio delle bave per semplice trazione. Se questo è il percorso concettuale, ben più complesso e articolato è l’insieme di connotazione che descrivono quello reale, ovvero il processo di trattura industriale.

La trattura è una procedura adottata da tempo immemorabile e perfezionata a più riprese nel corso dei secoli. Per prima certamente si sono estratti i fili di seta ancorando diversi capofili a un bastone e tirandoli cosi come si fa ancora da qualche parte. Il passaggio successivo è stato certamente l’avvolgimento dei fili su un supporto circolare e quindi la nascita di quello che definiamo aspo.

Foto di vita di tutti i giorni nell'antica Cina

Vita di tutti i giorni nell’antica Cina

Foto di vita di tutti i giorni nell'antica Cina

Antico disegno cinese

I primi riscontri sulle tecniche di trattura che possiamo considerare moderne vengono da stampe e disegni Cinesi risalenti ad epoche non molto lontane, ma la disponibilità e il commercio di tessuti serici sin da tempi remoti ci induce a ritenere che un processo organizzato, con caratteristiche industriali, risale probabilmente a più di due millenni a.c. La storia cinese racconta che fu l’imperatore Yu nel 2205 a.C. che diede grande impulso alla produzione di seta che divenne famosa ed esportata.

Ciò che diede il via alla trattura della seta dal bozzolo è senza dubbio l’intuizione umana che per poterlo fare bene occorre che il bozzolo sia immerso in acqua, meglio se calda. Questa rivelazione è alla base del racconto mitologico dell’imperatrice Lei-Tsu che racconta del bozzolo caduto accidentalmente nella tazza del tè che la principessa stava sorseggiando all’ombra di un albero di gelso, da lì la favolosa scoperta grazie all’intuito femminile.

Probabilmente il primo cittadino europeo a vestirsi completamente con pregiati tessuti in seta fu il controverso imperatore Eliogabalo e siamo intorno al secondo secolo a.C. Già a quella epoca il commercio e la produzione di seta aveva raggiunto livelli così estensivi da varcare le soglie continentali e non poteva che derivare da intensa attività di filatura.

Il racconto storico vuole che sia stato Ruggero II, re delle Due Sicilie, a introdurre il baco da seta in Calabria e Sicilia, ma vi sono documenti che attestano la produzione di seta nella città di Catanzaro intorno all’anno mille. È ragionevole pensare che baco da seta e la connessa trattura arrivino certamente attraverso l’Impero Romano d’Oriente, dove fiorisce tra il 400 e 500 d.c., e siano gli stessi Bizantini a promuovere l’introduzione nelle regioni del sud dalle quale si diffondono subito dopo lungo l’intera penisola italiana. ¹

¹Una pergamena dell’anno 1036 riporta la cessione di alcune terre nelle vicinanze di Avellino con l’esclusione di un castagneto e dei gelsi, concedendone tuttavia l’utilizzo ai conduttori che si obbligavano a pagare come canone la metà dei bozzoli prodotti: “ ……..et quando fuerit tempus de serico, debeamus non facere colligere ipse fronde de ipse celsi pro sericum facendum, et quantum sericum dominus dederit inde, debeamus nos dividere tantum ipsum sericum in duo partes…..”

Il Mangano Gigante

Le prime notizie sulla trattura in Italia riguardano Calabria e Sicilia dove si praticava la trattura a mangano gigante, cioè una bacinella riscaldata e munita di un aspo con diametro di 2,5 metri o più ed una circonferenza di sei metri. Il dispositivo era azionato da una manovella con trasmissione a corsa e garantiva una buona estrazione dei fili senza tensioni in grado di alterare le proprietà della seta, ma soprattutto garantiva l’asciugatura delle bave durante il lento avvolgimento. Questo processo di trattura era noto come il termine di filatura alla calabrese e il suo lungo perdurare per secoli in Sicilia e Calabria rappresentava una sorta di devozione verso l’antico legame con il mondo bizantino.

Trattura ad Aspo Grande

Molti documenti storici, risalente al XVI-XVII, riportano delle Gabelle reali imposta alla trattura del bozzolo, dette Gabella al Mangano, conteggiate direttamente sulla trattura o imposte una tantum al filatore tradizionalmente identificato come maestro Manganaro. È curioso osservare l’enorme numero di persone che in Italia porta il cognome di Mangano, Manganaro e derivati come Manganelli, Demangani e così via.

“Le «gabelle» sulla seta tratta erano fondamentalmente di due tipi: la prima, la così detta gabella dei due tari, era una tassa regia, che veniva appaltata per terre ed università a grandi gabelloti che a loro volta la subgabellavano a esattori locali; la seconda, invece, era quella che oggi definiremmo una tassa comunale, una gabella locale che assumeva, secondo i casi, varie forme (gabella al mangano, gabella sui maestri manganellari, sulla seta immessa in città, su quella portata fuori dal territorio, ecc.), e valore diverso².

²Da “Li posti delli mangani». Note sulla seta siciliana tra Sette e Ottocento di Simona Laudani

La Trattura alla Piemontese a Fuoco Diretto

Nelle altre regioni si adottarono aspi a piccolo diametro più veloci e produttivi ed in grado con gli opportuni accorgimenti di dare sete gregge migliori. Alcune notizie di maggior dettaglio si ritrovano su cronache risalente all’epoca rinascimentale o successive e fanno riferimento a semplici apparati costituiti da una caldaia, riscaldata a fuoco diretto, nella quale si bollivano i bozzoli e il filo avvolto in un aspo posto sopra o ad una certa distanza dalla caldaia stessa.

Gli aspi a piccolo diametro, inizialmente detti alla bolognese, si sono diffusi ampiamente nel corso del XVII secolo, soprattutto in Piemonte, dove sono stati perfezionati e di seguito conosciuti come aspi alla piemontese.

Trattura alla Piemontese

Bacinella alla piemontese

Sebbene i miglioramenti e gli accorgimenti tecnici siano stati una costante nel mondo serico, che in qualche modo ha rappresentato per lunghi secoli una sorta di alveo della innovazione industriale, le tecniche di trattura permangono sostanzialmente immutate fino alla seconda metà del’700 quando compaiono i primi progetti per superare i limiti della filatura manuale; un fornello con due aspi. Ma poco dopo viene presentato un nuovo progetto con quattro aspi per una sola fornace. Ma appare del tutto evidente che con l’utilizzo del fuoco diretto era difficile immaginare una macchina costituita da una serie di bacinelle munite di singolo fornello.

Da “Pensieri su fornelli da seta” Conte Carlo De’ Bettoni – Brescia 1777

Studio di una bacinella a fuoco diretto con temperature dell’acqua differenziate.

“Essendo un giorno entrato per accidente in un ampio chiostro, ove un centinaio di Donne molli, e lorde di sudore si rosolavano le dita per isvolgere, e trarre la seta da’ bozzoli; e cento ansanti Donzelle, girando altrettanti velocissimi naspi, si storpiavano a vicenda ambe le braccia; più che da curiosità, o meraviglia, fui mosso da compassione, e da dispetto; veggendo tante povere donne, e fanciulle condannate al martirio per filare la seta………..incominciai sul fatto a fantasticare, se si avrebbe mai potuto salvar da sì crudo martirio quelle sciagurate, che non cavan la seta da’ bozzoli per farsi sante.”

La trattura aveva, quindi, carattere artigianale ed era dispersa in una miriade di piccolissime realtà famigliari o artigianali anche se è molto probabile che già dal XIII e XIV secolo esistevano industrie seriche di trattura organizzate per larghe produzioni se si pensa che nella sola Lucca si utilizzavano annualmente 150’000 chilogrammi di seta con 30’000 telai battenti.

Giovanni Stradano Firenze 1580

Disegno trattura metodo de Vaucanson

Anche all’estero, in Francia e in Oriente i metodi di trattura erano molto simili al modello piemontese differenziandosi solo per alcuni accorgimenti tecnici.

Filanda giapponese

La Filanda a Vapore

La prima filanda con due posizioni e riscaldata da un solo fornello fu presentata nel 1782 dall’Abate Gerolamo Ottolini.

Ma appena un anno dopo si aggiunsero altri inventori con differenti soluzioni, segno che i tempi erano maturi per abbandonare definitivamente una tecnica che perdurava da secoli. Infatti, nello stesso anno fu presentata a Torino da un semplice operaio il progetto per una filanda con 40 bacinelle riscaldate a vapore da una singola fornace.

Il progetto non fu preso in seria considerazione, ma l’dea fu sviluppata in Francia da un tecnico di nome Gensoul che ricevette i necessari sussidi per realizzare la filanda che ebbe proprio in Italia importante diffusione.³

³Questi due dipinti della stessa epoca, entrambi dei primi dell’800, raffigurano due filande con diverso sistema di riscaldamento delle bacinelle.

Bacinella a due vasche Gerolamo Ottolini

Pietro Ronzoni Filanda nel bergamasco 1825-1830

Giovanni Migliara Filanda Mylius 1828

La prima filanda a vapore installata in Italia fu quella dei Conti Porro Lambertenghi nel 1815 presso la loro villa di Cassina Rizzardi ed era esattamente un impianto Gensoul con caldaia a vapore e quaranta bacinelle.

Filanda Porro Lambertenghi

Finiva così l’epoca delle bacinelle a fuoco diretto. La trattura manuale cedeva il passo a quella meccanica, e si apriva una fase di profonda innovazione tecnologica. Un nuovo balzo migliorativo fu realizzato nel 1870 quando Giulio Monguzzi di Valmadrera ideò la prima bacinella per la ricerca meccanizzata del capofilo denominata sbattrice. Sebbene ancora poco funzionale e primitivo questo dispositivo aprì la strada a miglioramenti continui per definire il modello di bacinella più avanzato e munito di un sistema con il quale si poteva regolare il numero di giri o passaggi della spazzola sui bozzoli.

La filanda DE PONTI, costruita nel 1854, era una filanda idraulica con caldaia a vapore. Era mossa dalla forza dell’acqua che spingeva una grande ruota posta sull’argine del Naviglio della Martesana.

Progetto allargamento canale ruota

La ruota era costituita da una struttura in ferro con larghe pale di legno ed era collegata a un palo centrale il quale, attraverso ingranaggi, animava gli aspi di trattura che si trovavano nei due piani dell’edificio e azionava le pompe idrauliche atte a prelevare e restituire l’acqua necessaria al processo di lavorazione.

Aspi animati da forza motrice

Dopo la prima metà dell’800 le filande più diffuse, o meglio quelle più avanzate, erano composte da un banco di trattura in ghisa, assimilabile ad un bancone, sul quale erano dislocate le bacinelle di trattura disposte in serie. Dal lato opposto vi erano le sbattirci in numero pari a quello delle bacinelle. La macchina aveva una filiera in ceramica per imprimere una certa spremitura al filo e trattenere impurità grossolane. A seguire il filo veniva attorcigliato su sé stesso con la torta che poteva essere facilmente assemblata mediante tre rotelle, appositamente sorrette da alberini metallici, e proseguiva verso i cassoni contenenti gli aspi di raccolta. Questi erano riscaldati attraverso tubazioni nelle quali circolava il vapore e consentivano al filo avvolto sugli aspi di asciugarsi omogeneamente, stabilizzare il livello di tensione e ottimizzare la coesione delle bave. Quella della coesione era una tematica sentita perché legata ad un importante parametro qualitativo della greggia detto purezza, che determinava in modo sostanziale il valore commerciale della stessa seta e che trattiamo in un paragrafo separato.

Le nuove bacinelle riscaldate a vapore comportavano un enorme risparmio di legna utilizzata come combustile, viene meno l’esigenza di dare attenzione al fuoco e l’assenza di fumo nei locali porta come risultato una seta greggia di maggiore qualità. Schematicamente una sezione di macchina era costituita da un banco in ghisa con due bacinelle e una sbattrice o paiolo.

Sezione Banco di trattura e cassone Officine Meccaniche Verbanesi già ditta Giovanni Battaglia

Sbattrice

Ogni bacinella aveva di norma 6 capi e la seta veniva raccolta in un cassone posto alle spalle della filatrice all’interno del quale avveniva l’aspatura con zetto. Ogni capo della bacinella permetteva la trattura di una rosa di sei o sette bozzoli e il filo in formazione e per ogni capo corrispondeva una filiera e un sistema di tre rotelle per la formazione della torta. I banchi di filatura furono costantemente ottimizzati attraverso innumerevoli modifiche e le versioni più diffuse e perfezionate erano costituite da sezioni con una bacinella a dieci capi e lunghezza di 1.30 metri. Le bacinelle spesso avevano una estensione semicircolare che serviva per la purga delle bave.

Banco in ghisa con bacinella priva di attaccabave

Sebbene queste macchine fossero con chiara evidenza un insieme di dispositivi meccanici sono stati spesso designati come filande per la trattura manuale distinguendoli dai precedenti detti di filatura a fuoco diretto. Ma pensiamo che sia del tutto lecito ritenere che inizi qui l’era della filatura moderna che potremmo definire meccanica, perché tutte le problematiche del processo troveranno tendenzialmente delle soluzioni attraverso dispositivi meccanici; è questa una tendenza tecnologica che segnerà l’intera evoluzione del processo industriale della seta fino a giungere al macero e alla trattura automatica.

Giusto per ribadire quando appena esposto possiamo dire che i banchi di filanda descritti richiedevano un’azione particolarmente impegnativa da parte della filatrice che consisteva nell’attaccare una nuova bava alla rosa dei bozzoli in filatura. Questo problema fu risolto con gli attaccabave.

L’inventore del dispositivo fu un certo Daina, che realizzò un sistema munito di ingranaggi per la trasmissione del moto da un albero, che correva lungo il fronte delle bacinelle, e metteva in rotazione un attaccabave per ogni singolo capo delle bacinelle. Esternamente il dispositivo aveva una serie di alette piatte e taglienti che ruotavano ad una velocità di 300 giri al minuto. La filatrice con una modalità ben precisa, appresa dopo un lungo addestramento, avvicinava il capofilo alle alette che lo immettevano simultaneamente al filo in formazione senza lasciare sfiloni.

Sequenza attacco di una bava

Furono costruiti diverse tipologie di attaccabave, ma quello ideato da Daina venne perfezionato dalla società Battaglia. Questo dispositivo noto con il nome di attaccabave Weber-Battaglia fu di fatto una sorta di riferimento tecnologico e diede alle filande Battaglia un vantaggio commerciale di grande portata.  

Attaccabave Battaglia

Filanda Giapponese ai primi del ‘900

Le filande costruite dalla ditta Giovanni Battaglia di Luino furono le più diffuse in Italia, ma conquistarono una sorta di primato anche a livello internazionale. Ancora oggi è possibile trovare bacinelle Battaglia in uso in vari paesi sericoli nonostante l’anno di costruzione risalga ai primi del secolo scorso. In questo periodo la gara a distanza con il Giappone ci vide quasi sempre vincitori per le innovazioni tecnologiche ma perdenti nell’esportazione verso gli Stati Uniti, il paese maggiore importatore di seta al mondo.

Mitsui Company Japan

 I cassoni come già detto erano riscaldati mediante tubi metallici nei quali circolava il vapore, o per immissione di aria calda, e mantenevano la temperatura interna a 40°C. Ogni singolo aspo, del diametro di 150 cm e sei cornobbi in legno, serviva due capi e la velocità di raccolta poteva essere regolata essendo determinata da un meccanismo a frizione. Le leve di comando degli aspi erano sotto le bacinelle e agevole per essere manovrate dalla filatrice. Al pari della scopinatura ogni partita di bozzolo veniva trattato separatamente poiché aveva una dipanatura differente e di conseguenza la velocità di raccolta era modificata. Gli aspi giravano di norma a 80 giri al minuto e raccoglievano 6300 metri di filo per ora. Il peso della seta raccolta dipendeva dal titolo e quelli standard erano il 13/15 e il 20/22 denari.

Questi titoli si ottenevano con una rosa di trattura che faceva parte delle regole di trattura stabilite dal direttore di filanda dopo i test su una campionatura di bozzoli. La rosa di trattura era costituita da un numero di bozzolo nuovi, cioè appena scopinati, e un numero di bozzoli parzialmente svolti che avevano la bava più fine. La seta che giungeva agli aspi aveva subito una spremitura nella torta con la quale l’umidità si riduceva del 60%, quantità non sufficiente ad evitare che i tratti di filo paralleli raccolti sugli aspi si incollassero una all’altro. Il difetto era chiamato “appiccicato” e deprezzava notevolmente le matasse che mostravano un numero elevato di rottura durante l’incannaggio. Moltissimi erano gli accorgimenti adottati per evitare che i fili si incollassero e tra questi è curioso notare che i cassoni posti posteriormente alle bacinelle obbligavano il filo ad un lungo percorso, concetto comparabile a quello antico della ruota con diametri di tre metri.

Ciò che erano importante per evitare incollaggi era certamente la torta e a seguire lo zetto che si impartiva al filo in formazione. Esso era determinato da un movimento alternato di ampiezza pari a quello della matassa e cioè di 7 cm. A questo si aggiungevano anche ampliamenti di percorsi mediante rotelle, ma bisogna tenere conto che sia la torta sia i cassoni riscaldati non erano in grado di asciugare del tutto il filo e la sericina rimaneva rigonfia per molte ore durante le quale era estremamente dannoso esporre il filo a trazioni meccaniche o temperature elevate.

Matasse con ben visibile lo zetto

Stiamo fornendo piccole connotazioni del complesso processo di operazioni sotteso alla trattura che aveva il compito di manipolare un prodotto naturale, con ampie variazioni stagionali, genetiche ed ambientali, e per giunta costituito da due proteine con caratteristiche chimiche quasi opposte. Non è esagerato ricordare che la seta richiede ancora oggi conoscenza, competenza e maestria; questo ultimo termine inteso come sinonimo di arte.

Le filande che abbiamo descritto sono riconducibili ad un termine, ben noto fino a prima del secondo conflitto mondiale, La filatura all’italiana che ha dettato molta parte delle regole per ottenere filati e tessuti di altissimo pregio. Ma proprio nei primi decenni del secolo scorso vi furono molte spinte innovative a introdurre ciò che si riteneva fosse una innovazione cruciale, e cioè automatizzare del tutto l’attacco delle bave alla rosa di trattura. Sfogliando la letteratura dell’epoca si ritrovano molti studi e molti brevetti, testimoni dimenticati di un grande impegno tecnico ed intellettuale.

Filanda Levade Orsago 1° Piano Sud

La soluzione del problema avrebbe posto fine all’ingrato lavoro delle filatrici costrette a immergere le mani in acqua bollente per lunghe ore e avrebbe dato maggiore dignità a questo antico mestiere, ma avrebbe risolto anche tante problematiche tecniche delle quali accenneremo più avanti.

La soluzione del problema consisteva nella progettazione di una macchina con quattro dispositivi funzionali; il primo doveva essere indirizzato per il controllo del titolo della greggia in formazione. Non appena un bozzolo si staccava il sistema doveva essere in grado di rilevarlo. Il secondo dispositivo doveva essere in grado di lanciare un novo capo all’attaccabave e integrare la rosa di trattura mantenendo costante il titolo del filo. Il terzo dispositivo era il sistema di alimentazione dei bozzoli, il quarto il recupero e la immissione nel sistema di quelli staccati anzitempo per rottura della bava e la gestione dello scarto dei bozzoli filati.  Gli studi italiani si interrompono nei primi anni 50 del secolo scorso mentre in Giappone si giunge a costruire il primo modello commerciale di una filanda automatica. Questo evento segnerà una svolta tecnologica che cambierà radicalmente la filiera industriale della seta.

La Trattura Automatica

L’evoluzione tecnica nella trattura della seta In Giappone segue le stesse problematiche riscontrate in Italia sebbene le soluzioni applicate adottate siano per certi aspetti differenti. Ma soprattutto in Giappone il progetto di automatizzare il processo di trattura viene portato fino in fondo e non si ferma soltanto a prototipi sperimentali. Il tessile e in particolare lo sviluppo della macchina di trattura automatica è alla base delle industrie che hanno trasformato il Giappone in una nazione tecnologica.

I modelli di filande che preparano la strada a quelle automatiche sono molte e si concentrano sui sistemi per monitorare il titolo di greggia in formazione e bloccare il sistema non appena una bava si interrompe. E’ bene sottolineare che il titolo della bava serica non soltanto varia tra bozzoli diversi, ma all’interno dello stesso bozzolo gli starti esterni mostrano titoli di 3-4 denari e nella parte più interna si riducono a 1.5 Per questa ragione le regole di trattura per una 20/22 potevano richiedere una rosa di bozzoli composta da 3 nuovi, 2 medi e tre guscette o combinazioni diverse dettate dal direttore di filanda. Nella trattura automatica tutto ciò non aveva più senso, bisognava puntare semplicemente alla costante regolarità del filo in formazione. Il primo sistema fu sperimentato in Francia a fine ‘800, da un ingegnere americano di nome Serrel, si basava sulla misura della tensione del filo in un tratto posto dopo la torta. La elasticità del filo aumentava al diminuire dei capi e l’allungamento chiudeva un circuito che bloccava la rotazione dell’aspo. Questo sistema è stato adottato su molti prototipi non soltanto sperimentale, ma anche commerciale ed è stato il primo meccanismo di rilevazione automatica del titolo adottato in Giappone. L’alimentazione dei bozzoli nel sistema Serrel era garantita da un carosello rotante con una serie di cellette ognuna delle quali conteneva un bozzolo purgato e con capofilo attaccato ad un uncino.

Progetto Serrel alimentazione automatica bozzoli

Un sistema meccanizzato spingeva il bozzolo verso l’attaccabave appena l’aspo di bloccava per mancanza di una bava. In Italia la prima bacinella automatica sottoposta a brevetto era denominata F.I.L.I. dal nome della società che ne avena curato il perfezionamento partendo dal prototipo realizzato da Fioruzzi, primo inventore. Il sistema non aveva testatore di titolo, ma si basava sulla filatura a numero di bozzoli fisso. Molti aspetti delle bacinelle giapponesi ricordano le soluzioni presenti in questo tipo di prototipo. Ma soltanto in Italia furono costruite e brevettate una decina di prototipi ognuno dei quale portava aspetti di grande interesse. In Giappone la sperimentazione fu condotta sia presso istituti di ricerca sia da grandi compagnie industriali con interessi anche nel commercio della seta greggia. ¹

¹ Nissan e Toyota sono tra queste grandi compagnie industriali.

I prototipi mostrano una vasta gamma di soluzioni che possiamo ritenere di grande evoluzione tecnologica anche quando non riscontrano successo commerciale. Ad esempio uno dei primi esemplari, realizzata dalla Kosui Silk Reeling Co, basava il sistema di controllo del titolo su una cellula fotoelettrica che tracciava l’ombra proiettata dal filo. I sistemi ottici verranno largamente impiegati nel mondo tessile, ma decenni dopo. La prima filanda automatica, di tipo commerciale, modello Tama  10 Type, costruita dalla Fuji Precision Machinery Co, venne importata dal Giappone a fine anni 50 e dislocata nella filanda di Martinengo in provincia di Bergamo avviata e seguita dal più grande esperto di filatura della seta che ha trasmesso ogni necessario sapere per la corretta gestione dell’impianto; l’Ing. Hideyasu Segi.

Tama Automatic Reeling Machine

Mentre nel 1958 venne importata e dislocata presso il centro di San Giacomo di Veglia una macchina di trattura automatica, modello K8A della Katakura Industry -Tokyo. Le due macchine differivano per filosofia costruttiva; la Tama adottava la filatura a numero di bozzoli fisso, mentre la K8A si basava sul rigido controllo del titolo ed era munita di una serie di testatori che si applicavano per i vari titoli e per differenti caratteristiche del bozzolo. Nel tempo tutta la tecnologia di trattura si indirizzo al sistema con controllo del titolo e la stessa Tama venne pochi anni dopo modificata inserendo il testatore di titolo che oggi tutti conosciamo. Anche la Filanda Levade di Orsago si dotò di ben quattro macchine automatiche Tama dotate di rilevatore di titolo nel 1967.

Il dispositivo si basa su due dischetti in plastica o vetro ravvicinato attraverso i quali passa il filo.

Rilevatore di titolo fine

Se il titolo è corretto il dispositivo ruota vero l’alto, in caso contrario cade verso il basso ed innesca il richiamo di un bozzolo nuovo. Le macchine di trattura automatica sono munite un sistema di ricerca del capofilo posto in una delle testate. I bozzoli purgati vengono trasferiti in una serie di vaschette che circolano lungo la sezione longitudinale della macchina e si fermano nel momento di alimentare un capo con il richiamo di un bozzolo.

Macchina di filatura automatica

 La bacinella è sostituita da un canale in tutta lunghezza nel quale si trovano i singoli capi con relativi attaccabave. Sul fondo del canale circola una catena che raccoglie le telette e i bozzoli che dovranno essere reimmessi per la scopinatura. La seta greggia è raccolta su bobine che dovranno subire la riannaspatura in condizioni di elevata umidità, quasi bagnate, per evitare l’appiccicato. Le macchine di trattura automatiche sono costituite da sezioni di 100 capi per lato, quindi 200 totali, la produzione complessiva è in media di 15 Kg per turno  con titolo 20/22 den, la produzione di strusa varia dal 12 al 18%, la velocità di avvolgimento può variare tra 80 e 150 metri al minuto, ma soprattutto richiede un numero di maestranze molto  ridotto rispetto ai vecchi sistemi, inoltre la seta ha una regolarità di gran lunga superiore.

Tra le ultime ed evolute macchine di trattura giapponesi ci fu la Nissan HR-type che terminò di essere prodotta nei primi anni ’80 del secolo scorso.  In Cina l’evoluzione tecnologica fu più lenta tanto che fino alla metà degli anni ’90 erano presenti macchinari cosiddetti manuali o semi-automatici con bacinelle fisse e con la rosa di bozzoli che veniva alimentata manualmente, ma già con la presenza del testatore di titolo.

Filanda Manuale Seta Greggia

Filanda semiautomatica Seta Greggia

Nel 2000 i costruttori di macchinari cinesi si impossessarono della tecnologia giapponese, producendo una macchina di trattura del tutto simile ai progetti più avanzati del Sol Levante. Nel corso degli ultimi anni sono state apportate alcune modifiche e migliorie tecniche non sostanziali mentre, per poter essere accessibile a tanti con un prezzo di acquisto moderato, si è risparmiato molto sui materiali e ciò ha ridotto di molto la durata nel tempo dell’efficienza del macchinario.

Filanda cinese moderna

La trattura automatica

La Torta

La torta consiste in una disposizione per attorcigliare il filo di seta su sé stesso. Questo non vale per tutti i tipi di torta, anzi la prima ad essere introdotta fu quelle Chambon, in Francia, con la quale si incrociavano due fili da due capi contigui. Il fine era quello di strizzare la seta per ridurre la quantità di acqua e permettere l’asciugatura e una buona coesione delle bavelle. In Italia fu adottato il sistema a tavella, o all’italiana.

Torta tavella

Mediante il quale era lo stesso filo che veniva attorcigliato su se stesso con l’ausilio di tre rotelle guidafili. Ci furono molti altri sistemi, ma la tavella ebbe una diffusione quai universale mentre il metodo Chambon venne adottato solo per la filatura del doppione. Infatti la rottura del filo generava una caduta nel titolo di entrambi i capi coinvolti con maggior danno e tempo di risoluzione. Questo non succedeva nella filatura del doppio dove il filo in formazione non subiva quasi mai delle rotture perché si filavano titolo molto elevati. Il sistema all’italiana era meno efficace nella spremitura del filo, ma molto più pratico e con minori danni derivanti dalla rottura del filo. Sebbene sembri un particolare di non elevata importanza la torta era di fondamentale importanza per la corretta coesione delle bave. La imbibizione della sericina avveniva nella fase di macero e scopinatura e doveva essere mantenuta stabile durante la permanenza del bozzolo nella bacinella di trattura, ma anche lungo il percorso che il filo compiva per giungere al cassone con gli aspi. Nella bacinella e a seguire nell’attaccabave fino alla torta il filo si trovava nella sua massima imbibizione ed in questo tratto potevano formarsi una serie di difetti dovuti ad anse di filo non svolte, ad ingrossamenti nelle bave preesistenti già nel bozzolo e a tratti di bavelle che erano state deposte dal baco parallele una all’altra. Questi difetti potevano essere in qualche modo corretti se il filo veniva compattato e tutte le bavelle ben saldate una all’altra. Questa condizione era facilitata dalla torta che estraeva il 60% dell’acqua contenuta nel filo e pressava le bavelle. Durante il percorso successivo il filo si asciugava ulteriormente e si consolidava. Il permanere di un elevata quantità di acqua facilitava lo scollamento delle anse e delle bavelle vaganti che si traducevano nei difetti di nettezza e di pelo. Possiamo dire che la torta faceva parte di una serie di accorgimenti maggiori che nel processo do trattura permettevano di ottenere prodotti di elevata qualità soprattutto per i titoli fini 13/15 e 20/22. Per una buona spremitura e coesione la lunghezza della torta deve essere almeno di 8 centimetri.

La torta

La Ricerca del Capofilo

Tradizionalmente indicata come scopinatura è l’operazione un tempo eseguita direttamente nella bacinella di trattura mediante uno scopino. Con la introduzione delle sbattrici l’operazione è stata meccanizzata e condotta nell’apposita bacinella utilizzando una spazzola di forma circolare in grado di ruotare nei due versi. Nei primi dispositivi il numero di giri era fisso, ma poco dopo vennero perfezionati per regolare il numero di giri comunque comprese tra 20 e 50 in funzione della qualità dei bozzoli, o meglio in funzione delle caratteristiche dei bozzoli. È noto infatti che la compattezza delle cortecce seriche varia ampiamente in funzione delle razze, delle condizioni di allevamento del baco e soprattutto dal tipo di essiccazione. Di conseguenza variano le regole di macerazione e scopinatura insieme alle cosiddette regole di trattura. Il direttore di filanda normalmente eseguiva una serie test preliminari su piccoli campioni rappresentativi dell’intero lotto e in funzione dei risultati stabiliva le regole. Ci riferiamo alla temperatura di macerazione, al tempo di permanenza, al numero di giri delle spazzole, alla temperatura dell’acqua nella bacinella di filatura, al numero di bozzoli per la formazione della rosa di trattura, alla lunghezza della torta e molti altri piccoli accorgimenti che ottimizzavano il processo.

I problemi delle sbattrici derivano essenzialmente dai bozzoli, come già accennato non vi erano bozzoli uguali e anche all’interno dello stesso lotto si maceravano in modo diverso. Gli effetti erano visibile al termine della spazzolatura di estraevano tutti i bozzoli formando un mazzo di capofili. Le bave erano stirate e pulite, i bozzoli spinti verso il basso eliminando le porzioni di bave arricciate, ovvero costituite ancora da porzioni troppo esterne della corteccia. Questo avveniva perché i bozzoli cedevano in modo diverso le bavelle. L’operazione di purga aveva il compito di egualizzare i capofili e renderli tutti pronti per essere immessi nella rosa di trattura. Fig. 5

Tutto ciò perde ogni sua validità con l’introduzione della filatura automatica, infatti queste macchine presentano una testa detta di brushing che assolve alla funzione di sbattrice e ricerca del capofilo, sempre in modo automatico sebbene è necessario che una operatrice controlli e ottimizzi la purga dellle bave. Ma ciò che differenzia la filatura automatica e la separazione della fase di macero che viene condotta in una macchina dedica e di grande complessità.

Macero

L’operazione di macero precedente alla trattura è indispensabile per l’utilizzo dei bozzoli con le macchine di trattura automatica. L’omogenea fluidificazione della sericina all’esterno e all’interno è essenziale per una comoda dipanatura e filabilità del bozzolo. Differenti tensioni di svolgimento delle singole bave possono provocare non solo numerose rotture ma anche molteplici difetti nel filo assemblato e coesionato.

Le macchine di macero derivano da un progetto giapponese e sono per lunghi anni rimaste una sorta di prerogativa della tecnica di trattura adottata in Giappone.

Primordiale macero alla giapponese

Gli obiettivi anche in questo sistema sono pressoché gli stessi descritti per i vecchi tipi di filatura; idratazione della sericina, idratazione uniforme della corteccia serica, rilascio controllato delle bave, facilità di scopinatura e filo in formazione in filanda ben coeso. La macchina consiste in una serie ci camere sequenziali attraverso le quali i bozzoli passano all’interno di piccole gabbie metalliche e quindi esposti alle differenti condizioni delle camere stesse.

Macero a V in Cina

Nello schema qui sotto viene esposto il diagramma dei differenti step di trattamento e ognuno di esso corrisponde ad una camera separata attraversata dai bozzoli. Al termine risulteranno perfettamente macerati e pronti per essere immessi nella macchina di trattura per la ricerca del capofilo e successiva trattura.

Diagramma di macerazione

Macero innovativo in Cina

Acqua di Trattura

L’acqua utilizzata in trattura può influenzare enormemente la qualità della seta ed in particola modo le sete da bozzolo bianco. Vi sono tre parametri fondamentali per valutare la qualità dell’acqua: le sostanze disciolte, i solidi sospesi e il grado di acidità. L’acqua sia che provenga da bacini naturali o da sottosuolo ha sempre una certa quantità di solidi in sospensione che possono essere di varia natura, ma più comunemente da particelle argillose che devono essere eliminate per decantazione. Nelle vecchie filande si avevano sempre delle vasche di decantazione dove l’acqua era immessa previa filtrazione su letti di sabbia che ne facilitavano la filtrazione delle particelle più grossolane e la deposizione di quelle più fini.

Filanda Levade – Le vasche di decantazione dell’acqua

Ad esclusione di quella piovana, l’acqua contiene una serie di Sali disciolti che derivano dai substrati con i quali e venuta a contatto. È questa la ragione per la quale differisce a secondo della fonte, ma anche nel corso delle stagioni. I sali maggiormente pericolosi sono quelli metallici ed in particolare il ferro che può legarsi alle proteine della seta e determinare imbrunimenti che non sono eliminabili.

Nelle regioni subtropicali le acque provenienti da fiumi o bacini sono molto ricche sia di ferro sia di alluminio e manganese che derivano dalla idrolisi acida delle argille presenti nelle terre lateritiche. Queste acque sono molto ricche di silice che ne abbassa il ph notevolmente e rende la sericina meno rigonfiabile e i bozzoli meno filabili. Ottenere delle sete di qualità in tali contesti obbliga di adottare un sistema di trattamento delle acque per eliminare metalli e regolare il ph. Al contrario negli ambienti nei quali prevalgono rocce calcaree o dolomitiche le acque possono essere eccessivamente alcaline e rendere la sericina maggiormente solubile aumentando di molto i difetti di nettezza della seta greggia.

 

Aggiunta acqua alla bacinella

La quantità di Sali disciolti, ed in particolare per gli alcalino terrosi, è un parametro analitico di grande importanza. Le acque molto dolci, con pochi Sali disciolti, che sembrerebbero in via teorica migliori, danno gregge con colore sbiadito, mentre acque con una certa quantità di Sali di calcio e magnesio danno sete più brillanti. Questo è dovuto probabilmente al potere delle acque dolci di estrarre i Sali contenuti nella seta che contribuiscono a stabilizzare sia sericina sia fibroina. Al contrario una certa durezza ha una azione di solubilizzazione della sericina ma non di estrazione dei Sali interni alla seta. Il livello di durezza desiderabile è di 15-20 gradi francesi. Se la durezza è eccessiva può essere mitigata dalla decantazione. Il bicarbonato tende in modo naturale a scindersi e depositarsi nella forma di carbonato di calcio insolubile per semplice decantazione. Questo fenomeno è facilitato da temperatura più elevate che permettono una minore assorbimento di anidride carbonica dall’aria che agisce nella direzione contraria. In passato vi erano soluzioni al problema delle acque che prevedevano sia le vasche di decantazione sia filtri a base di sabbia e materiali vario, tra cui terracotta, legno e altro ancora.

Oggi il problema della qualità dell’acqua può essere risolto attraverso le vasche di decantazione e sistemi di depurazione con setti filtranti di facile reperibilità.

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